Sondaggio Ipsos, italiani spaccati sul salvataggio dell’ex Ilva: uno su tre boccia il governo
La decisione di ArcerlorMittal di svincolarsi dal contratto di acquisizione dell’ex Ilva di Taranto ha innescato l’ennesima crisi di questo Paese. L’intervento del governo per fermare la chiusura dell’acciaieria italiana ha portato a nuovi scontri tra l’esecutivo e l’opposizione con il solito rimbalzarsi di critiche e colpe. Anche gli italiani sembrano divisi sulla strada da percorrere per mettere al sicuro centinaia di posti di lavoro ed evitare la chiusura di una delle eccellenze del settore manifatturiero italiano.
L’ultimo sondaggio Ipsos per il Corriere della Sera ha evidenziato come sulle motivazioni di recesso un italiano su tre (il 32%) non sia in grado di esprimersi. Sulla delicata questione dello scudo penale il 45% è convinto che la sua abolizione sia un pretesto per «rinunciare a un investimento che non ritiene più redditizio a causa del calo di produzione». Il 23% ritiene invece che la multinazionale franco indiana abbia ragione ad andarsene perché non è possibile investire in un Paese in cui le norme cambiano improvvisamente (e ripetutamente).
Nazionalizzazione: favorevoli gli elettori di Lega e M5S
A essere sotto esame è anche l’operato del governo. Il 34% pensa che l’esecutivo stia agendo male, rischiando così di non accontentare nessuno, mentre il 30% esprime un giudizio positivo perché ritiene che stia cercando di trovare la soluzione migliore per tutti. Tra gli elettori dei vari schieramenti politici, i leghisti sono i più favorevoli alla nazionalizzazione insieme ai pentastellati. Contrari invece gli elettori dem, di Forza Italia e di Fratelli d’Italia
Alitalia: basta fondi pubblici
Ma in questi giorni a tenere banco non è solo il futuro dell’ex Ilva. Oltre all’acciaieria continua un’altra annosa vicenda italiana: quella del salvataggio di Alitalia. Per il 42% degli italiani è meglio che la compagnia aerea fallisca definitivamente per evitare ulteriore impieghi dei fondi pubblici, mentre il 37% ritiene sia giusto che lo Stato continui a trattare con possibili investitori.
Per entrambe le vicende a rimanere significativamente alta è la quota di chi non dice di non essere in grado di esprimersi perché «poco informato, disorientato o in difficoltà per la complessità dei temi in questione».
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