Pd, cambiare poco per cambiare tutto: il segretario non sarà più candidato premier
Gli annoiati dalla politica lo definiranno un dettaglio insignificante, i dem sono convinti sia una rivoluzione. Salta uno dei pochi dogmi di quel Pd fondato nel 2007 da Walter Veltroni che nessuno aveva osato toccare finora: nel nuovo statuto, approvato a Bologna oggi 17 novembre, non c’è più l’obbligo di candidare a premier il segretario in carica.
Nello schema di Veltroni, parzialmente ispirato al meccanismo americano, la parte più importante della vita del partito erano le primarie. Dunque – ma in America le cose sono molto diverse, sia chiaro – le primarie che eleggevano il segretario valevano poi anche per la scelta del candidato premier.
Ora, questo meccanismo cambia. Le primarie restano obbligatorie (anche se hanno perso da tempo la capacità attrattiva di dodici anni fa) ma, appunto, sarà possibile candidare a premier anche qualcun altro. Dunque, spazio aperto alle coalizioni anche ampie, anche se non è chiaro con chi vista l’ariaccia che tira in direzione M5s.
Non è l’unica novità contenuta nel nuovo statuto. Le principali sono, in sintesi:
- La nascita della piattaforma digitale deliberativa dei democratici, che dovrebbe dare più forza ai circoli e più apertura anche con i circoli on line, quelli tematici, i punti Pd e la rete dei volontari. Simile a Rousseau? Il Pd – ovviamente – assicura di no. Si vedrà.
- Più spazio ai sindaci, che entrano di diritto nell’assemblea nazionale e si organizzano con un coordinamento nazionale e un coordinatore che entra in segreteria nazionale.
- Confermate le primarie e introdotta la novità del ballottaggio: gli iscritti nei circoli sceglieranno i due candidati che andranno al voto degli elettori nei gazebo.
- Nasce la Fondazione di cultura politica nazionale.
- Pregiudiziale antifascista.
- Parità di genere in tutti gli organismi dirigenti a ogni livello.