Prescrizione, su cosa litiga la maggioranza e perché è una grana per il governo
L’ennesimo vertice di maggioranza sulla giustizia si è concluso con un nulla di fatto sulla prescrizione ieri notte e non è chiaro come si uscirà dall’impasse oggi o nei prossimi giorni.
Uscendo la sera del 19 novembre da Palazzo Chigi il Guardasigilli Alfonso Bonafede ha esultato per l’accordo raggiunto sulla riforma del processo civile, ma senza l’accordo sulla riforma del processo penale. E’ giallo, dunque, sull’entrata in vigore del blocco della prescrizione, così come previsto dal ddl Anticorruzione approvato nel dicembre del 2018. Se le cose resteranno così, dal prossimo 1 gennaio dopo il primo grado di giudizio i processi potranno continuare senza alcuna data limite, potenzialmente fino alla morte dell’imputato. Ma il Pd, che ha mal digerito varie iniziative dei Cinque stelle, si dice pronto a dare battaglia.
«Prima notizia, via libera alla riforma del processo civile che andrà probabilmente in Consiglio di ministri già la prossima settimana. Sapete che è una riforma importantissima […] che dimezza i tempi del processo», ha dichiarato Bonafede prima di spiegare che la quadra per rivedere il suo testo ancora non c’è.
Corsia preferenziale e indennizzo contro “processo breve”
Per il momento, lo stesso Bonafede ha annunciato di voler semplicemente avanzare due controproposte. La prima riguarda una «corsia preferenziale per chi è stato assolto in primo grado: se lo richiede, il suo processo avrà una trattazione urgente in appello, per cui durerà solo alcuni mesi». La seconda invece prevede «un accesso agevolato e un indennizzo per chi ha subito un processo che ha sforato i termini previsti».
Per il Pd però mancano delle garanzie processuali. Al termine del vertice il sottosegretario alla Giustizia Andrea Giorgis (Pd) ha affermato che non sono ancora state trovate «soluzioni condivise per garantire che i processi siano più rapidi e più giusti, ma con un istituto giuridico per una durata non illimitata dei processi».
La controproposta dei Dem – che non piace però al Guardasigilli – consiste nel stabilire un tempo limite per la prescrizione “processuale” sia nel primo appello – di due anni – sia in Cassazione dove il tempo limite è previsto di un anno. L’ha messa giù in questi termini il forzista Enrico Costa e il rischio è che sia votata e, persino, passi spaccando la maggioranza.
L’incognita del ddl Anticorruzione
La prescrizione è stata bloccata dopo il primo grado di giudizio con il ddl Anticorruzione, ribattezzato Spazzacorrotti dal Movimento 5 Stelle, approvato definitivamente dalla Camera con 304 voti a favore, 106 contrari e 19 astenuti a fine dicembre 2018.
La sua entrata in vigore però è prevista per il gennaio del 2020, per fare in modo che ci fosse prima abbastanza tempo per fare la riforma del processo penale nel suo complesso, il punto su cui oggi ancora discutono i partner di governo ma che all’epoca aveva creato grandi frizioni anche tra il Movimento cinque stelle e la Lega. Anche per questo si era deciso di rinviare la riforma a gennaio del 2020, nella speranza che i mesi trascorsi sarebbero bastati per trovare un accordo.
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