Marika, accoltellata dal padre nel sonno: «L’amore non è violenza o possesso» – L’intervista
«Dopo aver visto la morte in faccia, non ho più paura di nessuno», a parlare per la prima volta è Marika Russo, oggi 19enne, che nell’agosto 2014 – quando aveva appena 14 anni – è stata accoltellata dal padre nel sonno, a San Giovanni La Punta, nel Catanese. Accanto a lei c’era la sorellina, Laura, che invece non è riuscita a scampare alla furia dell’uomo che avrebbe dovuto proteggerla. Lo stesso che, impugnando «due coltelli», ha tolto la vita a Laura, 11 anni, e ridotto in fin di vita Marika (che, dopo tre giorni di coma e tre litri di sangue persi si è salvata).
L’ultima cena, organizzata dal padre
«Mio padre quella maledetta sera organizzò una sorta di “ultima cena”. Era così tranquillo, scherzava, ci faceva il solletico, abbiamo persino guardato un film nel suo lettone. Io, lui e Laura. Poi, mentre dormivamo, ci ha accoltellate. Io ricordo di essermi svegliata sporca di sangue, ho visto lui con due coltelli in mano e, sentendo le urla di mia sorella, ho provato a difenderla ma non ce l’ho fatta. Forse avrei potuto fare di più, avrei potuto reagire diversamente».
A fermare Roberto Russo ci ha pensato il fratello più grande, svegliato dalle urla delle sorelline, ma per Laura ormai era troppo tardi. «Gli ho detto “Papà, ma che fai? Fermati!”, ma lui continuava, non riusciva a fermarsi. Non potrà mai dimenticare quel momento e quelle quattro coltellate che mi ha sferrato».
Il movente
Con lui Marika aveva un ottimo rapporto: «Si confidava con me, mi chiamava a qualsiasi ora, era il mio “re”, lo stesso che poi ha fatto crollare le mie certezze, i miei pilastri». Lui, forse, ce l’aveva con le figlie perché erano state loro a scoprire, su Facebook, che da tempo intratteneva una relazione extraconiugale. «Mia madre aveva deciso di prendersi una pausa di riflessione ma alla fine sarebbero tornati insieme. Tutto si sarebbe sistemato» ci spiega Marika. E, invece, Luigi ha deciso di punirle. Nel peggiore dei modi.
Lui, condannato all’ergastolo, non ha mai chiesto scusa: «Ci manda lettere dal carcere, mi chiama “la sua principessa”. Ma come fa? Mi ha privato di Lauretta, della mia sorellina che per me era tutto».
E, come spesso accade, dopo un episodio di violenza, anche Marika ha provato vergogna: «Se avessi potuto, sarei andata in giro con una busta della spesa in testa, per non farmi riconoscere. Avevo paura di essere additata come “la sopravvissuta”. Poi ho capito che o mi rinchiudevo a casa o reagivo. E così ho scelto di venirne fuori, di tornare ad avere fiducia negli uomini. Oggi sono fidanzata».
Cos’è l’amore
Marika ci tiene a precisare che «l’amore non è violenza, gelosia, ossessione o possesso»: «Ricordiamoci che siamo liberi di scegliere con chi stare, l’amore è lasciare libere le persone di andare via quando un rapporto finisce. Accettare la fine di una relazione». Poi lancia un messaggio forte e chiaro: «Se c’è qualcosa che non va, se la persona che sta al vostro fianco ha atteggiamenti violenti non solo fisicamente ma anche verbalmente, allontanatevi e denunciate subito».
La sua rinascita
Oggi Marika ha 19 anni e nei prossimi giorni sosterrà il colloquio per il servizio civile: «Vorrei lavorare in un’associazione che si occupa di donazione del sangue perché, quando continuavo a perdere sangue, quando stavo per morire, sono state centinaia le persone che hanno donato il loro sangue per me, da ogni parte del mondo. Proprio di recente mi hanno scritto dall’Egitto. Così sono stata salvata. Ecco perché sostengo che donare sangue è donare vita».
Foto in copertina: Vincenzo Monaco | Elaborazione per Open
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