Liliana Segre: «Esausta, ma non mi arrendo. La commissione? Pronta a guidarla»
«Credo sia normale chiedersi ‘ma chi me l’ha fatto o fare?’. Però dura poco, non sono una che si arrende facilmente»: l’interrogativo è della senatrice a vita Liliana Segre, che intervistata sul Corriere della Sera, dice di essere pronta a guidare la commissione parlamentare contro l’odio e le discriminazioni. «Se me la propongono, sono dell’idea di dire sì», spiega.
Dopo l’astensione del centrodestra in aula, gli insulti ricevuti online quotidianamente, lo striscione di Forza Nuova a Milano davanti al teatro in cui stava tenendo una conferenza e le polemiche per la concessione della cittadinanza onoraria in alcuni comuni, la senatrice a vita confessa di essere stanca.
Ieri, insieme al presidente del Consiglio Giuseppe Conte, ha visitato il binario 21 da cui partì anche lei quando fu deportata nel campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau. Nell’intervista al quotidiano di via Solferino, Segre torna anche all’incontro con il segretario della Lega Matteo Salvini, dopo le polemiche per la non conferma da parte dell’ex ministro dell’Interno.
«Incontrarsi e parlarsi, a maggior ragione tra due colleghi senatori e concittadini milanesi, più che un gesto di civiltà dovrebbe esser e considerato un fatto normale». Da qualche settimana vive sotto scorta, una situazione che commenta così: «Naturalmente sono rimasta di stucco: a quasi 90 anni e per la sola colpa di essere una sopravvissuta alla Shoah e di esporre pacatamente i miei convincimenti, c’è bisogno che sia tutelata la mia sicurezza».
Segre conosceva poco il mondo dei social network e rivela che la sua famiglia (e suo figlio) per lungo tempo l’hanno protetta dagli insulti online. Ora però ha piena consapevolezza di quello che accade in rete: «Il meccanismo è questo: qualcuno inizia postando un attacco contro di me spesso veemente, non necessariamente e di cattivo gusto, ma da lì parte la ridda dei commenti che si trasforma in una gara di esternazioni triviali, truci, immonde: decine, a volte centinaia, sotto ogni singolo post. Abbondano gli auguri di morte, gli insulti, il rammarico perché ‘i nazisti non hanno finito il lavoro».
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