Violenza sulle donne, la lettera di Vera e Giovanna a Open: «Le nostre figlie in una bara, noi condannate all’ergastolo del dolore»
Oggi, in occasione della giornata contro la violenza sulle donne, Open ospita la lettera di Vera Squatrito e Giovanna Zizzo, due mamme unite dal dolore, che si sono conosciute dopo aver perso le loro figlie in maniera tragica. Per riflettere e per non dimenticare.
«Siamo Giovanna e Vera, due mamme, due donne che non possono più abbracciare le loro figlie. Giordana è stata uccisa dal suo ex, dal padre di sua figlia, Lauretta invece da suo padre, dall’uomo che avrebbe dovuto proteggerla, dall’uomo che le ha dato la vita. Entrambe sono state accoltellate, hanno sofferto prima di lasciare questo mondo che con loro è stato crudele. I loro aguzzini sono stati condannati, è vero, ma né i 30 anni di carcere né l’ergastolo potranno mai restituirci le nostre bambine.
Il nostro è un ergastolo del dolore. Loro, una volta espiata la pena, potranno tornare a “vivere”, le nostre figlie no, non vedranno mai la luce. Ci hanno costrette a chiuderle in quelle bare, nel pieno della loro giovinezza, quando erano ancora dei fiori pronti a sbocciare. E, invece, il loro sorriso è stato spento per sempre. Quanto ci mancano…
Ogni settimana andiamo nelle scuole, raccontiamo le storie delle nostre figlie, spieghiamo come riconoscere i primi campanelli d’allarme, quando è il momento di denunciare, di trovare il coraggio di parlare, prima che sia troppo tardi.
Dipingiamo le panchine rosse: il rosso non è il colore del sangue ma dell’amore, sono dei “presidi” di amore. Il nostro obiettivo, adesso, è portare avanti un messaggio forte e chiaro. Quello che non si uccide per amore. Amore significa accettare la fine di una relazione, essere felici che l’altro sia felice. Amore non è violenza, non è possesso. Le donne non sono oggetti, non “appartengono a qualcuno”.
Non giustificate mai i comportamenti violenti, non abbiate paura o vergogna.
Lauretta, la mia dolce “peperina”, di soli 11 anni, è stata uccisa perché, insieme alla sorella più grande, aveva scoperto che il padre aveva intrapreso una relazione extraconiugale. E lui, mio marito, se l’è presa con due anime innocenti, con le sue due figlie accoltellandole nel sonno. Marika si è salvata, Lauretta no. Poteva prendersela con me, perché non l’ha fatto?
L’ho capito solo dopo: voleva punirmi, voleva ferirmi nel profondo uccidendo loro, che sono e saranno sempre una parte di me. Poi, nel paese in cui vivo, mi hanno fatto credere che quasi quasi me la fossi cercata. Che se fossi stata zitta, che se non lo avessi affrontato quando ho scoperto tutto, allora Lauretta oggi sarebbe qui con me. A preparare l’albero di Natale o a presentarmi il suo primo ragazzino. Credetemi, queste parole mi hanno ferita, sono ingiuste.
Mia figlia, invece, la mia Giordana, che ricordo sorridente quando danzava e sognava il suo futuro, mi ha lasciato qui sulla terra sua figlia, la mia adorata nipote. Da nonna mi sono dovuta trasformare in mamma. Chi l’avrebbe mai detto. Spesso porto la mia nipotina al cimitero, nella casa degli angeli, lì lei lascia i suoi disegnini, i suoi pensierini. Ma non posso rassegnarmi all’idea che Giordana sia lì, da sola, dentro quella tomba, con addosso quelle oltre 40 coltellate che non mi fanno dormire la notte.
Poi, però, bisogna trovare la forza per andare avanti, per reagire. La nostra è una missione, una battaglia affinché quello che è accaduto a noi non succeda mai più. Alle istituzioni chiediamo di non lasciare da sole le vittime: vanno sostenute e deve essere garantita la certezza della pena.
Agli uomini, invece, chiediamo di rispettare la propria compagna e li invitiamo a rivolgersi agli sportelli d’ascolto per farsi aiutare, qualora ne sentissero il bisogno. Chiedere aiuto non è mai una vergogna. Basterebbe solo un po’ di rispetto e amore per arginare la violenza che ci circonda».
La Cassazione, qualche giorno fa, ha confermato la condanna a trent’anni di reclusione per Luca Priolo, l’ex di Giordana Di Stefano. Ergastolo, invece, anche in questo confermato dalla Suprema Corte, per Roberto Russo che ha accoltellato la figlia Laura.
In copertina Vera Squatrito e Giovanna Zizzo con i peluche delle loro figlie
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