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Chiusura A26, il procuratore capo di Genova: i piloni in «grave stato di degrado»

26 Novembre 2019 - 17:01 Alessandro Parodi
Per Francesco Cozzi il rischio era rappresentato da «una mancanza di cemento che imponeva un controllo sicurezza immediato per pericolo di rovina»

Dal procuratore capo di Genova Francesco Cozzi, a proposito della chiusura della A26 in prossimità dei ponti Fado e Pecetti, arrivano parole che non lasciano spazio a equivoci: «I nostri consulenti hanno rilevato ieri un grave stato di degrado che consisteva in una mancanza di cemento che imponeva un controllo sicurezza immediato per pericolo di rovina».

«Per fare un esempio – ha continuato Cozzi oggi, 26 novembre- era come se in un balcone la soletta sottostante fosse completamente sgretolata e la parte sana solo quella piastrellata». Cozzi spiega che la procura non si vuole sostituire «alle competenze di nessuno» ma il suo «compito è casomai di sollecitare gli interventi di competenza di altri».

«È vero che Aspi – ha ammesso il procuratore – ha programmato una serie di interventi anche con società esterne. È in atto un piano di controllo che mi auguro venga seguito anche dal Mit perché non spetta a noi». Cozzi ha poi parlato della questione dei controlli, il cosiddetto filone “falsi dossier” dell’inchiesta: «Bisognerà vedere, con le indagini, se quanto successo prima era una filosofia generale, quella degli omessi controlli, oppure se si sia trattato di episodi singoli. Quello che è successo prima non deve più succedere».

«L’impressione che abbiamo avuto, nei mesi scorsi- ha aggiunto il procuratore – è quella di una sottovalutazione dello stato delle infrastrutture. Una cosa che non deve più succedere», ha ribadito. Per Cozzi «deve essere chiara una cosa»: la chiusura del tratto autostradale non è stata una decisione avventata, «ma è stato un provvedimento tempestivo che non poteva essere procrastinato».

Cozzi, che ha raccontato di aver seguito le operazioni per tutta la notte, ha ricordato che «quello che è successo e che i nostri consulenti hanno visto che su quei viadotti erano stati controllati ed erano stati segnalati con voti entro il 50. Quando in realtà erano a 70 e quindi si doveva intervenire». Il “dissesto 70” richiede una pronta attivazione dell’intervento. La procura indaga anche su questa errata classificazione del rischio contenuta nei report del concessionario.

In copertina – Immagine @Ansa Un dettaglio del tratto di viadotto Tianin sotto osservazione dei tecnici, Genova, 26 novembre 2019. ANSA/LUCA ZENNARO

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