L’attentatore di Londra si chiamava Usman Khan: era un 28enne già condannato per terrorismo
Aveva 28 anni e si chiamava Usman Khan l’attentatore che ieri, 29 novembre, sul London Bridge ha accoltellato i passanti uccidendone due e ferendone altri tre, prima di essere a sua volta ucciso dalla polizia.
Usman Khan, aveva partecipato a un evento organizzato dalla Cambridge University nella Sala Fishmonger, intitolato “Learning together”. Lo ha precisato il commissario della polizia di Londra Neil Basu. «Riteniamo che l’attacco sia iniziato all’interno – ha spiegato il commissario – prima che (il killer) lasciasse l’edificio per procedere al Ponte».
Il vice rettore dell’Università di Cambridge, Stephen Toope, in una nota si definisce «devastato» per il fatto che l’evento organizzato dal suo istituto di criminologia, sia stato nel mirino dell’aggressore, poi ucciso sul London Bridge dalle forze dell’ordine.
Khan era stato rilasciato in libertà vigilata l’anno scorso, dopo aver scontato sei anni per reati di terrorismo: avrebbe già tentato di organizzare un attacco a Londra nel 2010, secondo quanto riporta il Guardian.
Condannato nel 2012 e rilasciato a dicembre 2018 “su licenza”, cioè significa che avrebbe dovuto soddisfare determinate condizioni o sarebbe tornato in carcere. Diversi media britannici hanno riferito che indossava un braccialetto elettronico alla caviglia.
Sempre secondo il Guardian, Khan aveva fatto parte di una gang di nove estremisti di Stoke-on-Trent, nella contea dello Staffordshire nel Regno Unito. Il suo piano era quello di realizzare una struttura da destinare all’addestramento militare a Kashmir, su un terreno di proprietà della sua famiglia. La gang fu condannata nel 2012 quando Khan aveva solo 21 anni, ed era il più giovane del gruppo.
Secondo gli inquirenti, Khan «era uno dei jihadisti più pericolosi del gruppo». Secondo un elenco scritto a mano che sarebbe appartenuto allora al gruppo, tra i loro obiettivi c’era l’allora sindaco di Londra Boris Johnson, il Decano della Cattedrale di San Paolo, due rabbini, l’ambasciata Usa e la Borsa di Londra.
Il gruppo sosteneva che meno di 100mila ebrei siano morti nell’Olocausto e ritenavano che Hitler fosse stato dalla parte dei musulmani per aver capito che «gli ebrei erano pericolosi».
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