La parola della settimana: #blockfriday
Non facciamo mai caso al numero di volte che mettiamo mano al portafogli. Provateci: in un giorno contate quante volte scuotete la tasca, tirate fuori i soldi e li date a qualcuno in cambio di qualcosa o di un servizio.
Ora fate lo stesso processo mentale, ma ai soldi sostituite tutto ciò che avete fatto per ottenerli: potreste scoprire di aver passato mezza giornata in ufficio per pagarvi una corsa in taxi, un paio di scarpe può arrivare a costarvi una settimana di lavoro e l’ultimo modello di iPhone vale quanto un mese di stipendio.
Nonostante ciò, dovete considerarvi fortunati: siamo arrivati al punto di chiedere un finanziamento per comprare uno smartphone, di indebitarci per festeggiare un matrimonio e di ammalarci se non riusciamo a soddisfare il bisogno compulsivo di avere. Avere, sempre più avere.
Pare che, tra i click sugli annunci online allo scoccare della mezzanotte e le code fuori dai negozi in attesa dell’apertura, l’Occidente si sia dimenticato dell’essere. È una frase banale? Sì. Ma è doveroso ripetercela il 29 novembre 2019. Il Black Friday, signori: il giorno in cui non conta più chi siamo, ma la percentuale di sconto con la quale siamo riusciti a comprare l’Amazon Echo da portare a casa.
#blockfriday
Acquistare diventa il dogma per 24 ore. E per ogni dogma, fortunatamente, esistono persone che manifestano un’idea contraria. Abbiamo pescato in questa forma di opposizione all’iperconsumismo la parola della settimana. Che, in realtà, è un hashtag: #blockfriday. A lanciarlo, Extinction Rebellion, il movimento nato nel Regno Unito a maggio 2018 per sensibilizzare sul tema del cambiamento climatico.
A fare propria la chiamata di Extinction Rebellion, che invita a boicottare il simbolo del consumismo, sono i ragazzi di Fridays for Future. Da un lato i centri commerciali pieni di persone che si accalcano per comprare l’ultima taglia del cappotto in saldo, dall’altro piazze e strade di tutto il mondo pieno di ragazzi che partecipano al quarto Global Strike for Future. Questi, per la coincidenza con il venerdì nero, hanno aderito alla campagna #blockfriday.
Venerdì verde contro venerdì nero
Venerdì verde e venerdì nero: una contrapposizione di colori in grado di muovere due folle, diverse, e ognuna con le proprie ragioni. «Il modello incarnato da Amazon e dal Black Friday è una delle manifestazioni più evidenti del consumismo sfrenato che sta distruggendo il pianeta, sfruttando oltre ogni limite i lavoratori e le risorse naturali», dicono i ragazzi di Fridays for Futures Milano.
Certo non si può colpevolizzare chi approfitta degli sconti per acquistare un prodotto. È l’eccesso, il problema: il delivery dei prodotti acquistati online, le merci che viaggiano ad alta velocità per coprire la tratta fabbrica – consumatore finale, la produzione di massa che, soprattutto in alcuni Paesi, non segue gli standard ecologici danneggiano l’ambiente e bisogna tenerne conto.
Mondo del lavoro e ambiente
Ma il #blockfriday solleva questioni anche sul mondo del lavoro. Primo, bisogna fare di più per proteggere i dipendenti dei colossi del web, i magazzinieri e i fattorini a cui vengono imposti ritmi deliranti per rispondere alla domanda di acquisti delirante. Secondo, la corsa alle promozioni uccide centinaia di piccole e medie imprese: sono i grandi distributori, con la mole di merce venduta, a potersi permettere saldi sfrenati prima delle feste natalizie.
Non si può negare che il delivery dei prodotti acquistati online, le merci che viaggiano ad alta velocità per coprire la tratta fabbrica – consumatore finale, la produzione di massa che, soprattutto in alcuni Paesi, non segue gli standard ecologici, siano un problema serio. È dal 1992, infatti, che un’associazione canadese ha avvertito l’esigenza di lanciare il Buy Nothing Day: una giornata, dal 1997 celebrata in concomitanza con il Black Friday, «per riflettere sul tema del consumo eccessivo».
Buy Nothing Day e la strada francese
«Sempre più persone nel mondo nascono con un’innata compulsione, una specie di dipendenza dagli acquisti – si legge sul sito ufficiale del Buy Nothing Day 2019 -. La scarica di dopamina non del possedere, ma del desiderare e quindi acquistare cose, oggi, è più potente, comune e radicata di quanto non lo sia mai stata». Una dipendenza, dicono molti psicologi che studiano gli effetti del consumismo sulle menti, che rende le persone delle nazioni più ricche del mondo perennemente insoddisfatte.
Lavorare e spendere, lavorare e spendere. È un ciclo che si auto-impone, corroborato dalla pervasività della pubblicità nelle nostre vite. In Francia, la deputata Delphine Batho porterà all’Assemblea nazionale il progetto di legge 2274 per inserire il Black Friday tra le «pratiche commerciali aggressive».
«Il Black Friday è un’operazione importata dagli Stati Uniti, con un marketing roboante, che incita l’ultraconsumismo – ha affermato Batho -. Un’operazione in cui i cittadini sono doppiamente perdenti. In primo luogo, subiscono un condizionamento mentale che li porta a inutili acquisti compulsivi; in secondo luogo, sono condizionati da una moltitudine di false promozioni che fanno credere al consumatore che sta beneficiando di una riduzione dei prezzi non vera».
Qualcosa, nel mondo, si sta muovendo in un’altra direzione. Eppure sappiamo già che, dopo aver letto questo articolo, torneremo a casa e ci sarà il pacco del nuovo Amazon Echo ad aspettarci. Attiveremo lo speaker e parleremo da soli, ad alta voce: «Alexa, che tempo fa oggi?». Ci risponderà una voce metallica, per carità gentile, ma pur sempre una voce metallica.
Sarebbe bello se dicesse qualcosa del tipo: «Affacciati alla finestra e vedi che bella giornata di sole hai passato a scorrere le homepage di negozi online». Ma non sarà così, ci dirà condizioni atmosferiche, temperatura e umidità. Seduti sul divano, felici perché il nostro nuovo speaker funziona, accenderemo la tv e rinnoveremo l’abbonamento a Netflix.
Del tempo, fuori, continueremo a fregarcene.
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