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Omicidio Sacchi, il giro della droga di De Propris, il «capo-spaccio» che ha fornito l’arma ai presunti assassini di Luca

30 Novembre 2019 - 09:08 Fabio Giuffrida
Si tratta di «un'attività di spaccio particolarmente intensa» con «clienti stabili», «rilevanti quantità di cocaina e hashish», «ingenti somme di denaro» e caratterizzata dalla «spregiudicatezza e pericolosità criminale dei protagonisti» capaci anche di «procurarsi e utilizzare armi da sparo con facilità e disinvoltura»

Adesso la dinamica dei fatti è più chiara. Anastasia, la ragazza di Luca Sacchi (il giovane assassinato a Roma il 23 ottobre, ndr), insieme a Giovanni Princi, amico della vittima, ordinano una partita di marijuana da Valerio Del Grosso che, a sua volta, chiama Marcello De Propris, classe 1997, ritenuto a capo di «un’avviata attività di spaccio di stupefacenti nei quartieri di Ponte di Nona e Tor Sapienza».

Prima della consegna dello stupefacente, Valerio insieme al suo complice, Paolo Pirino – adesso entrambi in carcere per concorso in omicidio – vanno a vedere se gli acquirenti hanno il denaro per pagare la commessa di droga; Anastasia allora fa vedere le mazzette di soldi nel suo zaino (la somma totale sarebbe di 70mila euro) ed è in quel momento che a Valerio viene un’idea. «Marcello, c’ho un’idea, sto qui col mio amico fulminato Pirino, a vede’ tutti quei soldi m’è partita la capoccia, ho pensato che potremmo prenderceli senza dargli la droga, prestami la pistola di tuo padre».

L’epilogo lo conosciamo tutti. Anastasia viene colpita alle spalle con una mazza da baseball così da sottrarle lo zaino pieno di soldi. Il fidanzato, intanto, interviene, ma viene ucciso con un revolver calibro 38.

Il giro dello spaccio a Roma

Il Gip di Roma, come si legge sull’ordinanza di custodia cautelare in carcere, non ha dubbi: quella a cui si era rivolto Valerio Del Grosso non era altro che «un’attività di spaccio particolarmente intensa» con «clienti stabili», «rilevanti quantità di cocaina e hashish», «ingenti somme di denaro» e caratterizzata dalla «spregiudicatezza e pericolosità criminale dei protagonisti» capaci anche di «procurarsi ed utilizzare armi da sparo con facilità e disinvoltura».

Oltre a Marcello De Propris – che in questa attività di spaccio avrebbe avuto un ruolo di «coordinamento e direzione» – è finito nell’inchiesta anche suo padre Armando, classe 1973, «deputato al frazionamento e al confezionamento in dosi della cocaina commerciata dal gruppo».

In altre parole, spiega il giudice, «un’attività criminosa stabile, ben organizzata, protratta nel tempo», dai «cospicui profitti» e certa di poter contare su «una consolidata cerchia di acquirenti».

Nel giro ci sarebbero stati anche Marco Mastromarino, classe 1996, e Fabio Pallagrosi, classe 1971, con ruolo «centrale nell’attività di procacciamento e cessione di stupefacenti». Pallagrosi, secondo gli inquirenti, avrebbe una «particolare caratura criminale»: basti pensare alla conversazione intrattenuta con la fidanzata alla quale avrebbe riferito di «aver puntato una pistola alla tempia» a un cliente «in ritardo col pagamento» della droga.

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