Estradato dalla Libia l’imprenditore Lolli: chi è “il pirata” che aiutava i terroristi libici con il suo yacht
L’imprenditore italiano Giulio Lolli sta rientrando da Tripoli in Italia, direzione carcere Regina Coeli. Già condannato all’ergastolo in Libia per terrorismo e fiancheggiamento di un gruppo estremista separatista, Lolli era stato arrestato due anni fa, quando era già considerato latitante per la giustizia italiana da 9 anni. Allora, il sostituto procuratore di Bologna, Davide Ercolani, lo aveva indagato per associazione per delinquere, truffa, falso e appropriazione indebita per fatti collegati al fallimento di una società legata a un giro di yacht di lusso. Conosciuto anche come «il pirata», Lolli era scappato a bordo di uno yacht verso le coste del Nordafrica. Su di lui pendeva un’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip di Roma Cinzia Parasporo su richiesta del pm Sergio Colaiocco. Dopo aver raggiunto la Libia con l’aiuto di amicizie influenti, Lolli era stato arrestato in un lussuoso hotel di Tripoli dove si trovava in compagnia di una ragazza. Evaso durante la rivoluzione contro Gheddafi, «il pirata» si era poi arruolato con un esercito ribelle, cambiando il suo nome in Karim ma mantenendo le sue costose abitudini. Le indagini hanno infatti svelato che Lolli era tra i comandanti di Majlis Shura Thuwar Benghazi, cartello islamista legato all’organizzazione terrorista Ansar Al Sharia, originariamente affiliata ad Al Qaeda. L’imprenditore bolognese avrebbe operato nell’organizzazione dall’ottobre 2017 come «Comandante delle forze rivoluzionarie della marina» occupandosi di rifornire l’organizzazione con approvvigionamenti via mare. Le indagini sono partite da due operazioni navali della missione militare europea EunavforMed in cui è stato trovato e sequestrato un grande quantitativo di armi da guerra, tra cui lanciarazzi e mine anticarro. Per queste operazioni, Lolli utilizzava due yacht di lusso: uno registrato in Italia sotto il nome di «Mephisto» poi rinominato «El Mukhtar» e un altro, «Leon», diventata «Buka El Areibi». A settembre il tribunale di Tripoli aveva condannato per la prima volta quello che era l’ex presidente della Rimini Yacht all’ergastolo per traffico d’armi. Le peripezie dell’ultimo degli avventurieri rischiano di arenarsi al Regina Coeli.
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