Mes, fonti Ue: «La firma del trattato può slittare di due-tre mesi»
A stretto giro dall’informativa del premier Conte alla Camera, fonti europee coinvolte nel negoziato informano che «la firma del trattato sul Mes a dicembre non è necessaria, può avvenire uno due-mesi più tardi». Secondo quanto si apprende, comunque, fino ad oggi l’Italia non ha chiesto all’Eurogruppo alcun rinvio della firma della riforma del Mes. Per passare, la riforma ha bisogno del’unanimità dei Paesi.
Sembra quindi prendere corpo l’opzione preferita dal campo pentastellato del governo, cioè quella di inserire la revisione del trattato nel contesto di un “pacchetto di riforme”. Dal fronte dem Dario Franceshini aveva però frenato sull’ipotesi del rinvio chiedendo invece «un mandato che rafforza il ministro Gualtieri a trattare al meglio l’accordo».
Lo stesso premier Conte nella sua informativa ha appoggiato l’ipotesi dell’approccio organico rivendicando: «In coerenza con le risoluzioni parlamentari approvate il 19 giugno, facendo valere l’impegno del Governo a rispettare la posizione espressa dal Parlamento sovrano, ho chiesto e ottenuto, nel corso dell’Euro- Summit del 21 giugno, l’inserimento – nelle Dichiarazione del Vertice – del riferimento all’“approccio di pacchetto” sui tre pilastri che tutti ormai ben conosciamo».
Steffen Seibert, portavoce di Angela Merkel, rispondendo a una domanda in conferenza stampa a Berlino sul dibattito in Italia sul Mes, sulla possibilità di modifiche alla riforma del fondo e di un rinvio della decisione, in mattinata aveva chiarito che «c’è sempre e c’è sempre stato spazio» per la trattativa per i singoli Paesi, «ma ci sono anche regole che vanno rispettate» nell’interesse di tutti i Paesi membri. Seibert ha sottolineato che «la posizione tedesca non è cambiata» e che la trattativa si farà in Europa.
«C’è sempre e c’è sempre stato un certo spazio per i singoli Paesi, ma ci sono anche regole importanti per tutti i membri dell’Eurozona, il cui mantenimento dovrebbe essere interesse di tutti i Paesi membri», ha continuato Seibert. «Inoltre ancora una volta è la Commissione europea la padrona della situazione, non i singoli Stati membri», ha aggiunto. «Non c’è ad ogni modo una nuova posizione tedesca di cui io possa riferire qui», ha concluso.
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