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Mes, Salvini insiste: «Sui banchi del governo qualcuno mente»

02 Dicembre 2019 - 17:40 Alessandro Parodi
In chiusura dell'intervento l'affondo a Conte: «Si vergogni». E in aula scoppia la bagarre

È arrivata al Senato la dura replica di Matteo Salvini alle parole del premier Conte che durante la sua informativa sul Mes, esposta prima alla Camera, poi a Palazzo Madama, aveva messo nel mirino proprio il suo ex vice definendo «gravissime» le accuse di tradimento arrivate dal leader del Carroccio nei suoi confronti.

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«Non rispondo agli insulti, rispondo con il lavoro. Mi dispiace per lei perché chi vive di insulti vive male» ha esordito il leader della Lega. Salvini non è poi indietreggiato sulla sua posizione secondo cui il governo si sta contraddicendo sul Mes: «Sui banchi del governo qualcuno che mente».

Mentre Matteo Salvini affermava che i risultati delle menzogne del Mes ricadranno sulla testa dei risparmiatori italiani, il presidente del Consiglio, che prima non lo degnava di uno sguardo, ha preso dei faldoni di carte che aveva davanti e li ha alzati e abbassati e poi li ha lasciati cadere sul banco del governo.

«State riducendo l’Europa a un centro commerciale – ha continuato il leader del Carroccio – dove guadagna chi ha già. La ristrutturazione del debito pubblico vuol dire che viene taciuto un intervento nottetempo sui conti correnti degli italiani. Porteranno via i risparmi degli italiani per ristrutturare il debito delle banche tedesche«», ha ribadito.

Salvini poi ha additando Conte dicendo: «È seduto lì, chi sta mettendo a rischio i risparmi degli italiani…». Ai banchi della maggioranza, da cui si rumoreggiava, ha risposto: «Pare che in Umbria il giudizio su di lei l’abbiano già dato, ora aspettiamo a quello delle altre Regioni e poi di 60 milioni di italiani».

A Conte: «Si vergogni»

L’ex ministro dell’Interno, ancora all’attacco di Conte, ha citato Confucio: «”L’uomo superiore è calmo senza essere arrogante, l’uomo dappoco è arrogante senza essere calmo”. Le lasciamo la sua arroganza e ci teniamo la nostra umiltà». Poi, la chiosa con un perentorio «Parentesi…”Si vergogni”».

L’affondo ha suscitato la reazione della presidente del Senato Elisabetta Alberti Casellati, alla quale la maggioranza ha chiesto di censurare le affermazioni del leader della Lega: «Credo che quest’Aula e Salvini non possano dire “si vergogni”, non è rispettoso. Le Istituzioni vanno sempre rispettate. Per esprimere un dissenso non c’è bisogno di offendere. Questa aula richiede il rispetto per le opinioni di tutti». Dopo le parole della Casellati, sono partite proteste in aula e Casellati ha sospeso per qualche minuto la seduta.

Il “Conte-Pinocchio” dei leghisti prima dell’intervento di Salvini

Prima dell’intervento in Aula Salvini era già andato all’attacco: «Sul Mes o ha mentito Gualtieri, o ha mentito Conte o non ha capito Di Maio. Se qualcuno ha mentito credo sia stato Conte perché Gualtieri non c’era», aveva affondato l’ex ministro dell’Interno. Durante l’intervento di Conte poi con una nota Salvini aveva ironizzato sulle assenze in Aula: «Decine di assenze fra i 5Stelle (oltre 30) e a sinistra (oltre 20) mentre parla Conte. Neanche la sua maggioranza lo ascolta».

Intanto in Aula si scatenava la bagarre. “Il Conte Pinocchio”: si leggeva in un cartello decisamente artigianale, fatto con un foglietto di carta, che tutti i senatori della Lega si sono passati di mano a vantaggio dei fotografi in tribuna mentre il presidente del Consiglio, ignaro, teneva la propria informativa. Il premier non si è accorto di niente, ma in Aula si è levato un brusio e si sono sentiti commenti fino a quando la presidente Elisabetta Alberti Casellati ha chiesto la rimozione del cartello sospendendo la seduta.

La Lega ha poi esposto un pupazzo di Pinocchio sul banco del capogruppo al Senato Massimiliano Romeo mentre il presidente del Consiglio continuava a parlare. La presidente Casellati, che aveva disposto la rimozione del cartello, ha detto «C’è un Pinocchio in Aula». E i senatori leghisti, tutti in piedi indicando Conte hanno urlato in coro: «È lui!».

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