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Falsi report sui viadotti, i giudici del Riesame: «Volevano risparmiare costose manutenzioni»

03 Dicembre 2019 - 19:20 Redazione

Per i giudici del Riesame, «Aspi e Spea, legate al gruppo Atlantia e pertanto ai medesimi interessi della società controllante, paiono proiettati a una logica di risparmio sui costi di manutenzione per trasmettere l’immagine di efficienza della rete evitando sia impegnativi interventi di manutenzione sia drastiche decisioni dell’organo pubblico di controllo, come la chiusura di tratti autostradali».

«Le condotte contestate, di totale consapevole adesione agli scopi del gruppo – scrivono ancora i giudici – si inseriscono nella emersa tendenza a permeare la gestione dell’attività di sorveglianza e di manutenzione da parte di Aspi tramite la controllata Spea con condotte illecite dettate da motivi di stretta convenienza commerciale».

Le condotte vanno «dalla deviata qualificazione della natura degli interventi – si legge – alla disinvolta attribuzione dei voti circa i difetti delle opere ammalorate, fino alla radicale omissione di ispezioni significative finendo sostanzialmente per occultare situazioni potenzialmente e concretamente pericolose per la viabilità e la sicurezza pubblica».

«Emerge dalla vicenda nel suo complesso come le scelte dei vertici di Aspi e Spea vengano recepite pedissequamente senza discutere dai dipendenti e dai direttori dei vari settori di Spea, a scapito della prioritaria finalità di assicurare la protezione della sicurezza pubblica, affidata dall’ente pubblico concedete per il tramite della concessione».

«I reati – continuano i giudici – sono gravi, commessi con ripetizione nel tempo, anche dopo il crollo del viadotto Polcevera, a dimostrazione dell’allarmante indifferenza al rispetto della normativa a vantaggio di logiche e indirizzi della struttura societaria di appartenenza di cui tutti i coindagati continuano a fare parte sia pure con mansioni diverse».

«Così facendo, l’attività di falsificazione in esame oltre a distorcere in modo grave una funzione (quale quella della sorveglianza stradale) particolarmente sensibile per la tutela della sicurezza non consente l’esercizio di alcuna forma di controllo pubblico su comportamenti potenzialmente forieri di ulteriori enormi rischi per la sicurezza della collettività».

«La misura richiesta – concludono i giudici – pare pertanto il presidio minimo necessario al fine di scongiurare il pericolo di reiterazioni di delitti analoghi in relazione al delicatissimo tema della circolazione e dei trasporti».

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