Chi è Mattia Santori e chi c’è dietro le 6.000 sardine
Ci sono 25 persone che lavorano per gestire il riscontro politico, sociale, che ha creato piazza Maggiore, lo scorso 14 novembre. «Puro volontariato, anzi ci perdiamo soldi e impieghiamo gran parte del nostro tempo perché crediamo nelle sardine», racconta a Open una fonte vicina a Mattia Santori. Quel riscontro ha un nome, Sardine, e un numero: mezzo milione entro la fine dell’anno. Il 14 dicembre, a Roma, dopo il sardina-day, Mattia Santori e gli altri fondatori hanno convocato 150 persone: sono gli organizzatori che rappresentano circa 70 località dove si sono tenuti o si terranno i flash mob. Luogo dell’incontro: sconosciuto. Ordine del giorno, altrettanto. «Dobbiamo confrontarci con schiettezza, senza paura di essere ripresi e strumentalizzati», ci conferma Santori, il volto delle sardine. Siamo riusciti a ottenere delle informazioni su quell’incontro, sulla storia del 32enne bolognese e su cosa succederà alle sardine nel 2020. «A Roma si chiude una prima fase, con il flash mob più grande di tutti – dichiara Santori -. Dobbiamo convogliare l’energia delle piazze nello stesso luogo, alla stessa ora». Ma qual è lo scopo della riunione?
Non ci sarà un partito delle sardine
Non nascerà nessun partito delle sardine, «lo escludo. Ma questa riunione ha due scopi. Il primo è quello di far emergere un documento programmatico, tre o cinque linee guida che rappresentano il nostro movimento. Il secondo scopo è fare in modo che gli organizzatori, tornando nei territori, liberino quelle energie e facciano in modo che un’area politica faccia proprie le nostre istanze». Si può dire apertamente che le sardine nascono in funzione anti-salviniana? «Non apertamente, perché non vogliamo utilizzare l’odio o la competizione politica come strumento per portare avanti le idee democratiche – dice Santori. Poi, però, si lascia sfuggire una frase che è un avvertimento chiaro al centrodestra: «Salvini non può vincere in Emilia-Romagna e in Toscana. Dobbiamo impedirlo».
Collaborazione (futura) con i partiti
Intanto sono arrivate già alcune proposte da parte dei partiti tradizionali. «Confermo. Mi hanno contattato, erano interessati a una collaborazione possibile». L’ha respinta? «Sì, non è il momento per parlarne ed è solo uno dei possibili scenari futuri: le sardine restano fuori dai partiti, questa è la prima regola per permettere al movimento di andare avanti. Ma il dialogo con la politica tradizionale, e quindi i partiti di centrosinistra, arriverà. Prima, però, dobbiamo elaborare le nostre proposte per una politica diversa da quella del centrodestra». Uno dei punti del programma delle sardine, che saranno tre o cinque, riguarda i diritti civili. Probabilmente, lavoro e istruzione saranno altre due aree tematiche di cui si discuterà il 14 dicembre. «Saprete tutto il 15 dicembre», glissa Santori. “No bandiere, no insulti, no violenza” i tre comandamenti delle Sardine. Uno, invece, l’invito alle piazze: «Siate innovativi nella comunicazione politica».
«Fermare la Lega»
Ma i vari organizzatori delle piazze ci tengono a precisare che dal nucleo bolognese è arrivato un imperativo in particolare: «Se qualcuno ha intenzione di candidarsi in qualche partito, dovrà prendere le distanze dalle sardine». Santori racconta di una policy che si sono dati internamente: «Se qualcuno ha avuto ruoli di rappresentanza politica, non lo condanniamo: si può essere sardine dopo aver ricoperto cariche nei partiti. L’importante è non sfruttare le sardine, adesso, per fare carriera individuale. Il passato è il passato. Noi guardiamo al futuro». Ma chi è Mattia Santori e chi c’è dietro di lui? Alcune delle persone più vicine al volto delle sardine ci dicono che Santori, un giorno, ha detto queste parole: «Mi sono rotto le scatole di vedere che nessuno fa niente mentre la Lega cerca di prendersi l’Emilia-Romagna». Una notte, guidando il motorino per le vie di Bologna, gli viene mente il simbolo della sardina: un pesce muto, impotente, che, muovendosi in banchi da migliaia di pesci, si difende dai predatori.
Da Bologna a Firenze, nessuna bandiera
Inizia a fare delle chiamate: Roberto Morotti, Giulia Trappoloni e Andrea Garreffa. I quattro amici di vecchia data si mettono all’opera per organizzare la piazza di Bologna il giorno della visita di Matteo Salvini in città. Quello che è venuto dopo, l’esempio raccolto per primo da Bernard Dika che ha lanciato autonomamente “La Toscana non si Lega” – ad oggi Firenze è la piazza più popolosa, con 40.000 sardine -, e i flash mob arrivati persino oltreoceano, è storia nota. «Abbiamo scelto che sarebbe diventato Mattia il volto delle sardine, cosicché noi altri abbiamo la possibilità di organizzare le piazze in ombra», ci dice uno dei quattro trentenni che hanno dato vita al movimento. Ma davvero questi numeri sono possibili senza l’aiuto di qualcuno del mestiere? «La nostra forza è non avere nessuna bandiera, ci basta quello: siamo liberi e svincolati da ogni gioco di potere».
Un team di 25 persone
La verità, però, è che dietro Mattia Santori ci sono 15 persone di fiducia: loro sono il nucleo operativo delle 6.000 sardine che, ogni mattina, fanno la rassegna stampa per Santori. Senza retribuzione. Loro, insieme a un altro team di collaboratori meno vicini composto da 10 persone, raccolgono i feedback dell’opinione pubblica, hanno le autorizzazioni per rispondere alle mail inviate all’indirizzo ufficiale e organizzano la diffusione delle informazioni. Non un vero e proprio spin doctor, ma un gruppo ristretto di amici di lunga data aiutano Santori nella preparazione dei discorsi e raccolgono informazioni e dati prima delle uscite televisive. Per adesso, l’organizzazione regge su base totalmente volontaria. «L’aspettativa di Mattia – ci dice una fonte vicina al 32enne di Bologna – è che le sardine si trasformino in un’attività politica dal basso».
Una settimana nel circolo Pd
«La difficoltà – continua – è mantenere una coerenza nella linea politica. A questo servirà l’incontro faccia a faccia di Roma. Per quanto riguarda la logistica e il coordinamento delle piazze, invece, basta tanta energia e una rinuncia alla quotidianità che avevamo prima del 14 novembre». Indagando sul passato di Santori, è emersa una non scontata estraneità alla politica. Solo per una settimana, risulta a Open, ha frequentato un circolo del Partito democratico nella zona Stadio di Bologna. Aveva compiuto da poco 18 anni. «Confermo, ma dopo quella settimana ha smesso di partecipare alle riunioni: non era il suo mondo e non si è mai tesserato».
In nessun archivio compare una eventuale tessera di iscrizione firmata da Mattia Santori. È nato e cresciuto a Bologna il 10 luglio del 1987 e l’unico ambiente che ha frequentato con costanza, da giovane, è una parrocchia della città: dava una mano nell’oratorio e nell’organizzazione delle attività di quartiere. Compiuti i diciott’anni, ci dice una persona molto legata a Santori, «Mattia a volte si è astenuto dalle elezioni, la maggior parte delle volte in cui era chiamato a votare ha scelto partiti di centrosinistra».
Collettivi? Solo da aficionado
Diplomato all’istituto alberghiero Bartolomeo Scappi di Castel San Pietro Terme, si è iscritto poi all’Università di Bologna: «Triennale in Scienze politiche, poi la magistrale in Economia e diritto dove si è laureato con 110 e lode». Ha una fidanzata che lavora come consulente finanziaria, ma preferisce restare nell’ombra e tuteliamo la sua scelta. «I genitori di Mattia sono un po’ scettici, ogni giorno gli muovono delle obiezioni sulle sardine», racconta un amico di infanzia. Oggi pensionati, la madre di Santori era un’infermiera e il padre un impiegato. «Credo che lo facciano per proteggere il figlio. Sapete quante minacce ha ricevuto?».
Santori non ha collettivi che lo supportano. «Come quasi tutti i ragazzi bolognesi ha frequentato e frequenta i collettivi della città, ma non ha mai ricoperto ruoli organizzativi». Durante la vita di tutti i giorni, «ma adesso è costretto a prendere sempre permessi», ha un contratto part-time con una società di ricerca nei mercati energetici. L’altra metà della giornata, la dedica al sociale: «Mattia è presidente dell’associazione La Ricotta. Raccolgono fondi per riqualificare spazi pubblici della periferia bolognese dove praticare sport».
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