Rapporto Censis, “effetto Greta” e sempre più giovani all’estero
Il Censis, l’istituto di ricerca socio-economica, ha pubblicato oggi, 6 dicembre, il 53esimo Rapporto sulla società italiana. Tra gli argomenti passati in rassegna, spiccano il tema ambientalista – che quest’anno più che mai ha preso il sopravvento, complici anche fenomeni come Fridays for Future e la figura dell’attivista svedese Greta Thunberg.
Tra i dati rilevati, quello sulla fuga degli studenti all’estero, che sembra essere una “piaga” non più circoscritta al mondo universitario ma anche a quello delle scuole superiori.
Infine, il lavoro: secondo il rapporto, il 2019 ha portato poca crescita oltre che un reddito esiguo.
Il tema ambientalista e l’effetto Greta
L’istituto di ricerca ha voluto chiamarlo “effetto Greta”. L’etica ambientalista tra gli studenti è cresciuta. Su un campione di 1.012 dirigenti scolastici, il 73,9% la pensa così, con il 60,9%che ha notato maggiore consapevolezza e coinvolgimento da parte degli studenti.
Il 17,4% racconta di aver coinvolto anche le famiglie in iniziative a scopo ecologista, mentre il 12,9% continua a proporre progetti rimanendo nell’ambito scolastico.
Educazione ambientale
Nell’87,9% delle scuole analizzate, si è optato per una ottimizzazione dei materiali di consumo e nell’85,3% per la riduzione, il riutilizzo e il riciclo dei rifiuti.
Il 66% delle scuole sostiene di condurre programmi per la corretta alimentazione: per farlo, sono stati aboliti cibi preconfezionati dai distributori automatici e, talvolta, sono stati rimossi i distributori stessi, ripiegando su merende costituite da cucina espressa in cui vengono utilizzati i prodotti locali (23,6%).
Il 68,7% dei dirigenti di scuole dell’infanzia, primarie e secondarie di I grado, e il 24,3% di quelli delle scuole secondarie di II grado hanno attivato orti scolastici. Nel 49,2% delle scuole gli studenti sono coinvolti in attività di giardinaggio e manutenzione del verde scolastico.
I giovani all’estero
Non sono solo laureati i cervelli in fuga all’estero. Secondo il Censis, nel 2017 il 31,1% degli emigrati italiani con almeno 25 anni era in possesso di un titolo di studio di livello universitario e il 53,7% aveva tra i 18 e i 39 anni (età media di 33 anni per gli uomini e di 30 per le donne).
I numeri sono cresciuti in modo sensibile tra il 2013 e il 2017: +41,8% di laureati che emigrano in paesi esteri, e +32,9% di studenti diplomati che tentano di sbarcare il lunario abbandonando l’Italia.
Tra il 2008 e il 2017 i saldi con l’estero di giovani tra i 20 e i 34 anni, con titoli di studio medio-alti sono negativi in tutte le regioni italiane. Le regioni più colpite dal fenomeno sono la Lombardia (-24.000), la Sicilia (-13.000), il Veneto (-12.000). E ancora, il Lazio (-11.000) e la Campania (-10.000).
Una sorta di “ripopolamento” del Centro-Nord è garantito dalla migrazione di studenti che dal Sud si spostano nelle zone settentrionali del Paese.
Il lavoro, crescita “bluff”
L’aumento dell’occupazione nel 2018 (+321.000 occupati) e nei primi mesi del 2019 è un “bluff” che non produce reddito e crescita. Il bilancio della recessione è di -867.000 occupati a tempo pieno e 1,2 milioni in più a tempo parziale.
Il part time involontario riguarda 2,7 milioni di lavoratori, con un boom tra i giovani (+71,6% dal 2007). Dall’inizio della crisi al 2018, le retribuzioni del lavoro dipendente sono scese di oltre 1.000 euro ogni anno. I lavoratori che guadagnano meno di 9 euro l’ora lordi sono 2,9 milioni.
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