Impeachment, ultima audizione: che cosa rischia Trump
Continua il processo di messa in stato d’accusa del presidente americano Donald Trump. Lunedì 9 dicembre la Commissione Giustizia della Camera Usa si riunirà di nuovo, questa volta per ascoltare i consiglieri legali per i Comitati d’Intelligence e di Giustizia della Camera che presenteranno le loro conclusioni, rispettivamente riguardo alle presunte pressioni fatte da Trump sul presidente ucraino Volodymyr Zelensky ed eventuali condizionamenti della giustizia del Presidente americano.
Si va verso il voto sugli articoli dell’impeachment
A circa due mesi dall’inizio dell’impeachment l’audizione di lunedì non dovrebbe riservare grandi sorprese. Le testimonianze – iniziate a fine novembre davanti al Comitato d’Intelligence della Camera – si sono concluse con la pubblicazione, il 3 dicembre, di un rapporto che dettaglia le accuse nei confronti di Trump. Il dossier, lungo circa 300 pagine, fornirà la base della commissione giustizia per redigere gli articoli della messa in stato d’accusa del presidente.
Il lavoro della Commissione Giustizia si è aperto con le testimonianze di quattro costituzionalisti, tre dei quali sono stati chiamati dai democratici che hanno giudicato che la condotta del presidente fosse meritevole dell’impeachment. Il quarto – chiamato dai Repubblicani – non era d’accordo, pur definendo le azioni di Trump «sbagliate».
Si apre dunque una fase delicata dell’impeachment. Dopo l’audizione di lunedì, il Comitato Giustizia dovrà ufficialmente scrivere gli articoli della messa in stato di accusa e votarli, prima di sottoporli alla Camera dei rappresentanti per un secondo voto.
Se la Camera dovesse poi approvarli con una maggioranza semplice, comincerà il processo al Senato (a maggioranza repubblicana), dove circa due-terzi (67%) dei senatori dovrebbero votare a favore per rimuovere il presidente dalla sua carica. La parola stessa, o meglio il verbo “to impeach” vuol dire presentare le accuse al Congresso USA che forniranno le basi per un processo. Si tratta di un process politico, non giudiziario, previsto dalla costituzione americana e riservato per alti crimini come la corruzione e l’alto tradimento.
Le accuse e la difesa di Trump
Il presidente Donald Trump è accusato di aver fatto pressione, insieme ad alcuni suoi alleati, sul presidente ucraino Volodymyr Zelensky affinché l’Ucraina aprisse un’inchiesta giudiziaria sull’ex vice presidente Joe Biden – attualmente candidato alle primarie del partito democratico e considerato, almeno inizialmente, il più pericoloso sfidante di Trump per le presidenziali del 2020, – suo figlio Hunter Biden e su altri democratici.
Per far leva su Zelensku, Trump avrebbe minacciato di trattenere gli aiuti militari americani all’Ucraina per circa 400 milioni di dollari e avrebbe fatto inoltre leva sulla prospettiva di un incontro alla Casa Bianca per il presidente ucraino. La campagna sarebbe durata mesi, coinvolgendo tra gli altri il vicepresidente Mike Pence, il segretario di stato Mike Pompeo e il capo dello staff Rick Mulvaney. Trump è anche accusato di aver impedito a numerosi membri dell’amministrazione di testimoniare o di consegnare documenti rilevanti per l’inchiesta.
Trump ha sempre negato di aver usato gli aiuti militari promessi all’Ucraina come leva per far indagare Joe Biden, difendendo il suo diritto di chiedere all’Ucraina di indagare un caso di corruzione, che riguardava la compagnia energetica per cui lavorava Hunter Biden.
Il presidente – che giudica il processo una caccia alle streghe perpetrata ai suoi danni dai democratici – cita a suo favore il fatto che Zelensky abbia sempre sostenuto di non aver ricevuto pressioni o percepite le parole di Trump come tali e che gli aiuti militari promessi dagli Stati Uniti sono stati concessi all’Ucraina senza che il Paese fosse davvero al corrente del fatto che fossero stati temporaneamente congelati.
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