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Sardine, Mattia Santori: «I sondaggi? Ci interessa chi partecipa. Un partito? Non ci sarà»

09 Dicembre 2019 - 08:05 Redazione
L'ultimo sondaggio Demos ha stimato le Sardine con un potenziale del 25%: «Non ce ne facciamo niente», dice il volto noto del movimento

«Per chi sta impigrito sul divano è arrivato il momento di alzarsi, di smetterla di pensare che il problema riguarda altri, che sia ancora il momento di delegare». Mattia Santori, il volto più noto delle Sardine, in un’intervista a Repubblica lancia la chiamata in vista della manifestazione di Roma in piazza San Giovanni, dove «deve accadere qualcosa di grande – dice ancora – altrimenti chi ha manifestato nelle altre città si sentirà solo».

Come anticipato da Open, però, il 14 dicembre sarà anche l’occasione per tutte le sardine che hanno organizzato i flash mob a livello locale, di riunirsi e stilare «3 o 5 punti programmatici» per fermare l’avanzata del centrodestra nelle elezioni regionali.

Il 32enne bolognese, che insieme a tre amici è riuscito a creare qualcosa in grado di portare nelle piazze di Italia, Europa e Stati Uniti oltre mezzo milione di persone, non si lascia stupire dai sondaggi. Le rilevazioni di Demos & Pi sono sbalorditive: un elettore su quattro sarebbe pronto a votare le sardine. «Ma noi non ce ne facciamo niente – spiega Santori -. Questi sondaggi fotografano l’interesse nei nostri confronti, ma non la partecipazione effettiva. A noi importa solo quella. Quante persone fisicamente si avvicinano a noi. Quanti ci mettono la faccia e il corpo».

Anche perché se la sardine crescono a discapito della Lega che cala, «Fratelli d’Italia cresce. Non mi pare sia un partito simile alla Dc, né che la Meloni assomigli a De Gasperi. Il problema rimane». Le sardine sono il laboratorio politico più attivo, dove il centrosinistra sta cercando l’ispirazione per ritrovare consenso. Ma non nascerà un partito delle sardine: «Abbiamo sempre detto che non vogliamo creare una forza politica. Per questo temiamo i sondaggi che ci lanciano nella stratosfera. Vogliamo invece riconoscere la competenza della politica. Io farei follie per diventare assessore allo Sport nella mia regione, ma non sarei in grado».

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