ArcelorMittal, fari puntati sulla trattativa con il governo: lo spiraglio, ipotesi rinvio della causa anti-chiusura
Dopo la decisione del giudice Maccagnano che ha confermato lo spegnimento dell’altoforno 2 degli stabilimenti dell’ex Ilva, in controtendenza, si fa sempre più concreta l’ipotesi che l’udienza nella causa in corso a Milano tra i commissari e ArcelorMittal, prevista per il 20 dicembre, slitti a gennaio.
Tutto dipende da come evolverà il negoziato tra Governo e azienda franco-indiana nelle prossime ore (prevedibilmente tra oggi e domani) e solo se si capirà che la mediazione potrà andare avanti, si arriverà ad una richiesta congiunta al giudice Claudio Marangoni di aggiornare l’udienza ad altra data.
La trattativa è definita “fluida” e senza certezze e i legali delle parti attendono di capire cosa succederà in questi due giorni. Il termine ultimo per Mittal per depositare una memoria per contrastare il ricorso cautelare d’urgenza degli amministratori dell’ex Ilva, secondo cui l’atto con cui l’azienda ha chiesto di sciogliere il contratto di affitto e acquisizione degli stabilimenti sarebbe illegittimo, scade lunedì prossimo, 16 novembre. Se arriverà, vorrà dire che le trattative sono naufragate.
Nell’udienza del 27 novembre era stato messo un punto fermo: la multinazionale, tramite il suo ad Lucia Morselli, aveva garantito «il normale funzionamento degli impianti e la continuità produttiva», impegno fondamentale per raggiungere l’accordo.
Il giudice aveva rinviato il procedimento a venerdì prossimo per consentire alla trattativa di «svolgersi sulla base delle intese e degli impegni assunti». Con la presentazione nei giorni scorsi del nuovo piano di Mittal, però, il quadro era cambiato, perché per i commissari dell’ex Ilva le affermazioni del gruppo sugli esuberi sono ritenute assolutamente inaccettabili.
Un anno fa circa, infatti, ArcelorMittal, vincendo la gara e firmando il contratto, si era impegnata a garantire, indipendentemente dalla situazione del mercato, 10mila posti di lavoro e a pagare, in caso contrario, una penale di 150mila euro per ogni lavoratore lasciato a casa. In sostanza, per gli amministratori dell’ex Ilva si può sì trattare sulla revisione degli accordi presi, ma non certo sul caposaldo del contratto che è l’aspetto occupazionale.
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