Elezioni Regno Unito: vittoria a valanga dei Tory, Tracollo dei Labour. Brexit più vicina – I risultati
Il risultato del voto nel Regno Unito è un netto trionfo per i Tory di Boris Johnson, una sconfitta senza appello per i Labour di Corbyn, oltre che una chiara indicazione degli elettori britannici verso l’uscita dall’Unione europea senza altri ripensamenti. Mentre lo spoglio dei singoli collegi è quasi completo, il responso è in piena linea con quanto anticipato dagli exit poll della tarda serata di ieri, 12 dicembre, e delle prime proiezioni.
Lo spoglio in corso vede i Tory conquistare 358 seggi, mentre i Labour non vanno oltre i 203 seggi. E già il primo exit poll diffuso dalla Bbc parlava chiaro, con i Tory stimati a 368 seggi, 50 in più rispetto al voto del 2017, i Labour erano stimati non oltre i 202 seggi, eguagliando così il record negativo del 1983, all’epoca della sconfitta contro Margaret Thatcher.
Esultano anche gli esponenti dello Scottish National Party di Nicola Sturgeon, forte oppositrice della Brexit. Sono almeno 48 i seggi conquistati, in linea con gli exit poll che stimavano il Snp a 55 seggi. Tonfo per i LibDem che non vanno oltre i 11 seggi, non riuscendo neanche ad eleggere la leader Jo Swinson.
Il voto tattico di Farage
Nigel Farage non considera una sconfitta il risultato negativo – peraltro previsto dai sondaggi – del suo Brexit Party alle elezioni politiche britanniche. Il partito è rimasto al palo, con zero seggi secondo l’exit poll, di fatto riassorbito dal partito conservatore di Boris Johnson dopo il trionfo nel voto (proporzionale) delle Europee di maggio.
Ma secondo Farage, intervistato a caldo dalla Bbc, ha comunque contribuito a favorire il successo Tory e a evitare lo spettro di un Parlamento senza maggioranza (hung Parliament): sia non presentando candidati in oltre 300 collegi già controllati dai conservatori, sia togliendo voti ai laburisti di Jeremy Corbyn in diverse circoscrizioni del cosiddetto ‘muro rosso’ dell’Inghilterra centro-settentrionale e del Galles, tradizionalmente di sinistra, ma in maggioranza pro Brexit e contrarie a un secondo referendum.
Johnson festeggia
«Get Brexit done» e «unificare il Paese»: sono gli impegni ribaditi stanotte da Boris Johnson nel discorso di proclamazione a deputato rieletto nel collegio di Uxbridge, sia pure con un margine limitato a 7000 voti. Il premier Tory ringrazia «il popolo» britannico per aver votato a dicembre e per il risultato. Rilancia quindi le sue promesse elettorali su investimenti nella sanità e in altri settori. L’obiettivo è realizzare la Brexit ma non solo e «cambiare il Paese per il meglio. Il lavoro – conclude – comincia oggi».
La resa di Corbyn
Jeremy Corbyn non annuncia le dimissioni immediate da leader del Labour dopo quello che ammette essere stato un risultato “molto deludente” nelle elezioni britanniche di ieri. Corbyn, rieletto deputato per la decima volta nel collegio londinese di Islington Nord, annuncia che non guiderà più il partito «in un’altra elezione», ma che resta in Parlamento e per il momento si propone di «guidare il Labour in una fase di riflessione» sull’esito del voto, in vista di una prevedibile rinnovamento dei vertici.
Nel tradizionale discorso seguito alla sua proclamazione, Corbyn, 70 anni, difende il manifesto elettorale laburista presentato sotto la sua leadership come un programma «di speranza, di cambiamento e contro l’ingiustizia». E si dice convinto che le soluzioni radicali indicate in quel programma siano «popolari» e siano destinate a tornare al centro del dibattito politico.
Nello stesso tempo spiega il risultato elettorale di ieri come una conseguenza della «polarizzazione» del consenso determinata dalla Brexit. Non senza aggiungere che tuttavia la Brexit «che Boris Johnson si propone» di realizzare non potrà risolvere i problemi né cancellare le istanze di giustizia sociali nel Paese. Corbyn si dice infine «orgoglioso» del sostegno ricevuto dagli iscritti del Labour e da milioni di elettori, confermando di voler onorare il mandato di deputato rinnovatogli nel collegio di Islington.
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