Università, docenti in vetta alla classifica Demos dei lavori più socialmente prestigiosi in Italia
Nonostante gli atenei italiani raramente figurano tra i primi cento al mondo, i docenti universitari godono di buona stima nel Paese. A dirlo è l’ultimo studio Demos-Coop secondo cui circa tre persone su quattro valutano positivamente il lavoro svolto dal corpo docenti.
Meglio i docenti degli insegnanti (e anche dei giornalisti e politici)
Le valutazioni sono migliori per i docenti universitari, con il 66% degli intervistati pronti a dare un voto pari o superiore a 8 (su 10), rispetto ai (meno apprezzati) insegnanti di scuola superiore ed elementare, che godono comunque della stima di oltre metà (il 57%) degli intervistati. Leggermente peggio gli insegnati di scuola media (52%).
Meglio dei docenti universitari soltanto i medici (83%). Seguono magistrati e giudici (64%), operai (60%), dirigenti d’impresa (59%), imprenditori (59%) e cuochi (58%), mentre in fondo alla classifica troviamo avvocati (50%), giornalisti (47%), impiegati (43%), commercianti (42%), dirigenti di pubblica amministrazione (42%) e politici (27%).
Buona preparazione, pochi mezzi
La valutazione di entrambe le categorie è andata migliorando negli ultimi dieci anni circa: rispetto al 2007 la percentuale di persone che valutano positivamente gli insegnanti di scuola superiore è aumentata di 17 punti percentuali (dal 40% al 57%) mentre i docenti sono apprezzati da circa il 9% in più della popolazione (66% contro il 57%).
Un tasso di gradimento che si spiega in parte attraverso la percezione diffusa – sopratutto tra gli studenti – che gli insegnanti godano di una buona preparazione ma di risorse insufficienti: sono più gli intervistati che credono che l’università e, in particolare la scuola (35% e 60% rispettivamente) sia peggiorata negli ultimi anni di quelli che invece sostengono ci siano stati miglioramenti.
Tra le motivazioni spicca la mancanza di fondi e risorse per la didattica (21%), ritenuto già urgente, nel caso delle scuole, della qualità degli insegnati e l’arretratezza dei programmi. Un dato che fa riflettere visto che l’Italia destina soltanto l’8% della spesa pubblica per l’istruzione, meno della media europea del 10%.
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