Heather Parisi contro Zalone: «Solo luoghi comuni, niente di ironico»
Checco Zalone torna con il suo quinto film, in uscita nelle sale il primo gennaio 2020. E per l’occasione il comico pugliese ha rilasciato l’immigrato, la canzone che fa da colonna sonora alla sua prima pellicola da regista: Tolo Tolo. Nel video Checco Zalone è alle prese con un immigrato onnipresente che lo perseguita di continuo nel tentativo di farsi dare una monetina: «All’uscita del supermercato ti ho incontrato; al distributore di benzina, monetina; al semaforo sul parabrezza, c’è una mano nera con la pezza», canta Zalone.
Come tutte le sue pellicole, Zalone usa un’ironia graffiante e volutamente ignorante come specchio dell’Italia di oggi. Il film si concentra sul fenomeno dell’immigrazione e sulla sua percezione da parte dell’italiano medio. Ma la canzone ha già scatenato molte polemiche tra chi condivide l’ironia e chi la ritiene invece discriminatoria.
Tra i critici al videoclip c’è anche la ballerina Heather Parisi: «L’immigrato di Checco Zalone è un concentrato di luoghi comuni che non ha nulla di ironico. Perché l’ironia è altro, l’ironia consiste nel mostrare che è il suo contrario ad essere più credibile del luogo comune».
Sul suo sito ufficiale la ballerina ha attaccato duramente l’ultimo lavoro dell’attore: «Non è discriminante l’idea che i tuoi pensieri siano valutati non già per il loro contenuto ma per chi sei, cosa fai, cosa indossi o la pronuncia che hai? Ridurre ciascuna persona a uno stereotipo culturale, è la più grande pigrizia mentale dei nostri tempi. Io rivendico il diritto di ciascuno di essere libero di esprimere i propri pensieri senza censure, ma anche senza pregiudizi. E non esistono diritti di lesa maestà quando si esprime un pensiero».
Nel vespaio di polemiche, a difesa invece di Zalone è intervenuto il comico Luca Bizzarri: «Scusaci Checco: siamo diventati un paese che non capisce le battute, che ha perso il senso dell’umorismo e il senso del ridicolo. La cosa peggiore è la frase “se non l’abbiamo capita in tanti avremo qualche ragione”. Come se i deficienti, per definizione, debbano essere pochi».
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