Caso Regeni, il pm alla Camera: «Dall’Egitto quattro tentativi di depistaggio»
Ben quattro depistaggi diversi sono stati messi in atto dagli apparati di sicurezza egiziani dopo la morte di Giulio Regeni. L’ha spiegato oggi, 17 dicembre, il sostituto procuratore di Roma, Sergio Colaiocco, ascoltato assieme al procuratore di Roma, Michele Prestipino, dalla commissione parlamentare d’inchiesta sulla morte del ricercatore italiano.
«Prima di tutto – ha spiegato il magistrato – l’autopsia svolta al Cairo che fa ritenere il decesso legato a traumi compatibili con un incidente stradale. Altro depistaggio è stato quello di collegare la morte di Giulio ad un movente sessuale: Regeni viene fatto ritrovare nudo».
Non solo, i tentativi di depistaggio sono continuati anche dopo: «Il primo alla vigilia della nostra trasferta del 14 marzo del 2016. Due giorni prima un ingegnere parla alla tv egiziana raccontando di avere visto Regeni litigare con una persona straniera non lontano dal consolato italiano e fissa alle 17 del 24 gennaio l’evento. È tuttavia emerso che il racconto è falso e ciò è dimostrato dal traffico telefonico dell’ingegnere che lo colloca a chilometri di distanza dal nostro consolato sia dal fatto che Giulio a quell’ora stava guardando un film su internet a casa».
Successivamente «il soggetto che ha messo in atto il tentativo di depistaggio ha ammesso di avere ricevuto quelle istruzioni da un ufficiale della Sicurezza nazionale che faceva parte, tra l’altro, del team investigativo congiunto italo egiziano. Un depistaggio voluto per «tutelare – ha raccontato l’ingegnere – l’immagine dell’Egitto e incolpare stranieri per la morte di Regeni». Su questo episodio non ci risulta che la Procura del Cairo abbia mai incriminato nessuno.
Il quarto tentativo di depistaggio è legato all’uccisione di cinque soggetti appartenenti ad una banda criminale morti nel corso di uno scontro a fuoco. Per gli inquirenti egiziani erano stati loro gli autori dell’omicidio».
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