Torino, il giudice obbliga un papà a dare la paghetta alla figlia. Anche se ha 33 anni
Un padre è stato condannato per non aver contribuito al mantenimento della figlia, anche se ha 33 anni. A stabilirlo è stato il tribunale di Torino che ha stabilito inoltre che l’uomo potrà avere la sospensione condizionale della condanna a due mesi di carcere solo se verserà 3mila euro subito alla figlia a titolo di risarcimento.
Insomma, per i giudici, se i figli sono in difficoltà economiche, come pare accertato in questo caso, non conta l’età: devono contribuire finché i figli non hanno raggiunto la stabilità lavorativa.
Il padre della donna aveva smesso di versare i 258 euro di sostentamento mensile nel 2012 e la figlia, nel dicembre del 2014, aveva deciso di denunciarlo. Anche se l’uomo si è dichiarato disoccupato e nullatenente, per il tribunale la sua responsabilità genitoriale al sostentamento continua anche raggiunta l’età adulta da parte della figlia, che guadagna “solo” 700 euro al mese.
I rapporti fra genitore e figlia erano stati sempre difficili soprattutto dopo che nel 2000 l’uomo si era separato dalla madre della ragazza: nella sentenza di divorzio il giudice aveva imposto all’uomo un mensile nei confronti dell’ex moglie di 500mila lire. Racconta la figlia: «Saltava alcune mensilità e non ha mai provveduto a versare il 50 per cento delle spese extra a mia madre, poi dal dicembre del 2012 ha cessato ogni versamento. Questo comportamento di mio padre mi sta causando gravissime difficoltà economiche, oltre a una gravissima frustrazione e a un senso di disagio perché devo sempre far ricorso all’aiuto di mia madre».
L’accusa nei confronti dell’uomo da parte della pm Patrizia Gambardella era stata quella di non aver ottemperato agli obblighi familiari, per «aver fatto mancare i mezzi di sussistenza alla figlia maggiorenne». Durante il dibattimento sono state approfondite le condizioni economiche delle parti. Ora, per conoscere fino in fondo le ragioni della decisione bisognerà aspettare le motivazioni della sentenza.
Al giudice la donna ha raccontato anche la sua difficile infanzia: «Non c’è mai stato un bel rapporto tra di noi, l’ho sempre cercato io telefonicamente. Mi ricordo che l’aspettavo davanti al finestrone, lui veniva quando si ricordava di avere una figlia, mi prendeva e mi portava dalla nonna come un pacco postale. Poi la situazione è peggiorata sino a non avere rapporti neanche telefonici. Non ricordo una vacanza: non ho bei ricordi».