«Chiamateci “terroni”», storia di un’espressione che da insulto è divenuta motivo di orgoglio
Perché considerare il termine «terrone» come un insulto? Perché attribuirgli ancora oggi una connotazione negativa? Negli ultimi anni si stanno moltiplicando i casi di fuorisede che, con grande orgoglio, rivalutano il sostantivo «terrone» (che al Nord suona come “terùn“), spesso utilizzato nell’Italia settentrionale per descrivere gli abitanti dell’Italia meridionale in senso negativo.
Terùn come insulto
Da Umberto Bossi che, quando era ancora leader della Lega Nord, gridava dal palco «Mandiamo un saluto al presidente della Repubblica Napolitano. Nomen omen, non sapevo fosse terùn» (l’ex capo del Carroccio è stato condannato per vilipendio e proprio di recente ha ricevuto la grazia da Mattarella, ndr) alla maestra che è stata sospesa dalla professione per maltrattamenti nei confronti di bimbi di un asilo nido di Varese. «Sei proprio un terrone», diceva loro. C’è anche l’allenatore di una squadra di esordienti della provincia di Pordenone che si è beccato un anno di Daspo per aver dato del «terrone» a un arbitro, oltre all’ex ministro dell’Agricoltura Gian Marco Centinaio (nel governo giallo-verde) che diede del «terrone di me**a» all’allora presidente del Senato Pietro Grasso. «Quando uso il termine “terrone” non intendo offendere nessuno. La parola può essere interpretata in senso dispregiativo, dipende da chi la dice, o scherzoso. Se io vengo definito “polentone”, io non mi offendo», ha detto a Stasera Italia Vittorio Feltri, commentando un titolo di Libero in cui definiva il nuovo governo diretto da Conte uno «zoo di terroni».
Terrone come orgoglio
Dal blogger “Unterroneamilano” (che ha organizzato un pullman da 87 posti per consentire ai fuorisede di riabbracciare i propri cari senza dover spendere cifre da capogiro, ndr) al locale che ha nel suo nome la parola «terrone». Dalla pagina «Il terrone fuori sede» alle parole di Carlotta Ferlito, ginnasta catanese che, dopo l’oro nel corpo libero vinto alle Universiadi di Napoli, ha detto: «Sono terrona dentro». «Se ci fermassimo un attimo ad analizzare la parola scopriremmo che, nonostante l’uso che ne viene fatto, terrone vuol dire solo “legato alla terra”, che di per sé è solo un’indicazione del fatto che in passato eravamo dei contadini, un lavoro umile. E cosa ci sarebbe di male? La terra è vita, accoglienza, concretezza, e l’umiltà è alla base di ogni grande personalità. Per questo sono orgoglioso di dire che sono un terrone», spiega a Open Frekt, che ha scritto e interpretato il corto “Terrone a Milano”.
Cosa dice la Crusca
Da dove nasce la parola «terrone»? A spiegarlo è l’Accademia della Crusca. Secondo il Grande dizionario della lingua italiana, «la voce nasce nei grandi centri urbani dell’Italia settentrionale con valore di “contadino” (come villano, burino e cafone) e usata, in senso spregiativo o scherzoso, per indicare gli abitanti del Meridione in quanto il Sud era una regione del nostro Paese caratterizzata da un’agricoltura arretrata». E ancora: «Si possono sostenere due ipotesi: la prima è che il vocabolo venisse usato con il valore di contadino, senza una connotazione marcatamente negativa, e dunque utilizzato per rivolgersi agli emigrati dal Sud in quanto lavoratori agricoli; la seconda è che la parola terrone fosse già in uso nelle regioni del nord Italia con connotazione negativa e dunque l’appellativo sarebbe nato come insulto rivolto a chi assumeva un comportamento rozzo riconosciuto tipico dei contadini». Oggi, invece, la parola «terrone» – come spiega la Crusca – «sta avendo una rivalutazione in senso positivo». E c’è di più: «L’uso odierno sta ulteriormente estendendosi così da essere utilizzato nei confronti di qualsiasi individuo proveniente da Sud in genere (ad esempio un toscano in relazione a un piemontese)».
Foto in copertina di Vincenzo Monaco
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