Dentro il pronto soccorso di Sondrio – Parla il medico che ha tentato di salvare la piccola – Il video
Confermano dall’ospedale di Sondrio di non aver sentito insulti razzisti contro la giovane mamma che ha perso la figlia di cinque mesi. Conferma però anche la prima testimone che ha sentito quei commenti, intervistata qui da Open, chiarendo alcuni aspetti sulla vicenda che nelle ultime ore hanno sollevato dubbi sulla veridicità del suo racconto.
Da un lato il racconto del direttore dell’unità organizzativa complessa dell’ospedale di Sondrio, il dottor Raniero Spaterna, che – insieme al suo team di medici e operatori sanitari – ha tentato di salvare la vita alla bambina di cinque mesi, e al contempo ha dovuto gestire e contenere il dolore di una giovane madre 22enne che ha visto morire la propria figlia; dall’altro quello della prima testimone che ha denunciato l’accaduto con un post su Facebook, intervistata qui da Open.
Il racconto del medico
Il dottor Spaterna ha raccontato a Open come la bambina di cinque mesi sia arrivata in pronto soccorso in arresto cardio-respiratorio «accompagnata dalla mamma e dalla cugina della mamma».
«La neonata è stata portata subito in shock room – prosegue Il dottor Spaterna – ed è iniziata la gestione di questo arresto cardio-circolatorio molto complesso, che però purtroppo non ha dato esito a una ripresa dell’attività cardiaca. La madre della bambina era molto agitata da subito e l’abbiamo accompagnata in un locale separato, nella sala d’attesa del nostro ambulatorio pediatrico. E l’abbiamo lasciata a calmarsi assieme alla cugina».
«Una volta effettuata la rianimazione e una volta dichiarato il decesso della piccola – prosegue il dottor Spaterna – siamo andati a comunicare alla madre e alla cugina l’avvenuto decesso. Erano anche presenti carabinieri che mi avevano avvisato che ci sarebbe potuta essere una reazione a cui potevo non essere preparato per questioni di tipo culturale».
«La reazione è stata abbastanza intensa e importante – racconta ancora il direttore dell’unità organizzativa complessa dell’ospedale di Sondrio – L’unica cosa che potevamo fare era lasciare tranquille la madre e la cugina nello spazio in cui stavano manifestando la loro disperazione».
«Ho poi parlato con la cugina tentando di avere la sua collaborazione per aiutare la madre in quel momento – ha proseguito il Dottore – intanto i miei collaboratori avevano ricomposto il corpo della bimba e l’avevano preparata con cura per la mamma. Ho chiesto poi alla giovane madre se voleva vedere la sua bambina e l’ho accompagnata nella sala dove abbiamo tentato di rianimarla».
«Da quel momento in poi, quando la madre ha visto la sua bimba, si è completamente calmata. Siamo stati vicino a lei tutto il tempo non mettendole fretta, perché sapevamo che quel corpo sarebbe stato sequestrato dalle autorità giudiziarie per l’autopsia e non l’avrebbe potuta rivedere sino al dissequestro».
Successivamente la donna è stata accompagnata «in un locale apposito preparato dall’equipe medica, dove poi la donna è rimasta con un gruppo di conoscenti, parenti, amici». «Soltanto a questo punto è arrivato il padre – precisa Spaterna – Poi la bambina è stata portata in obitorio. Questo è stato il percorso di questa bimba e della sua madre in pronto soccorso».
E in questo percorso, il dottore e la sua equipe medico-sanitaria non hanno sentito alcun insulto razzista, né frase discriminatoria. «La nostra infermiera che si trovava all’accettazione e gestiva la sala d’attesa esterna – racconta il dottor Spaterna – è uscita più volte a comunicare il fatto che i tempi d’attesa si sarebbero allungati perché stavamo gestendo una situazione critica. E l’infermiera mi ha riferito soltanto comprensione da parte dei presenti. Nessuno ha mai manifestato alcun tipo di intolleranza o di frasi a sfondo razziale, come è stato riportato».
«Questo è quello che abbiamo visto noi – sottolinea il Dottore Responsabile – tutto il resto l’abbiamo saputo da voi. Ci ha colto un po’ di sorpresa e ci ha amareggiato, perché per noi medici e personale sanitario è stata una cosa talmente intensa da gestire che comunque ci ha visto partecipi, anche umanamente, del tutto».
La prima testimone
Ma dall’altro lato vi è la prima testimone che ha raccontato l’accaduto attraverso un post su Facebook, e la cui testimonianza è stata messa fortemente in dubbio (anche) dal giornale sovranista Il Primato Nazionale. I dubbi che hanno “minato” il suo racconto riguardano il ruolo della giovane donna nelle liste di centrosinistra alle elezioni locali, il suo intervento alla manifestazione di Sondrio delle Sardine, nonché l’assenza di video e audio che confermino le frasi razziste.
E la stessa testimone, ricontattata una seconda volta da Open, racconta: «Mi dispiace che stia venendo strumentalizzata la mia persona. Io ho semplicemente riportato ciò che io ho sentito in quei momenti in cui ero presente al pronto soccorso. Semplicemente questo».
«Ovvio che il personale sanitario dice di non aver sentito niente e che non ci sono stati insulti diretti. Perché è la verità. Il personale non era presente in quel momento, ma non ho neanche mai affermato il contrario. Stessa cosa: non ho mai affermato che gli insulti fossero stati fatti in presenza della povera donna», ribadisce la testimone.
«Non ho parlato in nome del mio essere consigliera comunale, o in nome della manifestazione delle Sardine. Alla manifestazione ci sarei andata a prescindere da quanto successo. Io ho parlato a mio nome, una qualsiasi cittadina che si indigna di fronte a frasi del genere. Semplicemente questo», chiosa la giovane.
Le indagini
La Procura della Repubblica ha avviato indagini per far luce su quanto successo e sui presunti insulti a sfondo razziale rivolti da alcuni pazienti alla donna. Domani, 20 dicembre, intanto ci saranno i funerali della piccola.
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