Il partito delle Sardine? I fondatori dicono no: «Sarebbe tornare nella pentola: noi vogliamo farla fischiare»
«L’Italia è nel mezzo di una rivolta popolare pacifica che non ha precedenti negli ultimi decenni» scrivono i quattro fondatori delle Sardine, in una lunga lettera a Repubblica. E trasformare in un partito oggi quel «maremoto a nostra insaputa», come definiscono il movimento che si è venuto a creare da un mese a questa parte, sarebbe come tornare in una pentola a pressione, mentre loro vogliono «farla fischiare».
92 piazze, mezzo milione di persone
Tutto è cominciato da Bologna, da una piazza in cui c’era «solo una telecamera». E, invece, in «30 giorni si sono riempite 92 piazze in tutta Italia (la più importante a Roma, dove si è tenuto il maxi raduno delle sardine, ndr) a cui si sono aggiunte 24 piazze estere, europee e statunitensi». Mezzo milione le persone che «sono uscite di casa, al freddo e sotto la pioggia, per dire che la loro idea di società non rispecchiava quella presentata dall’attuale destra italiana».
Le sardine, spiegano, «non esistono, non sono mai esistite, sono state solo un pretesto»: «Potevano essere storioni, salmoni o stambecchi. La verità è che la pentola era pronta a scoppiare. Poteva farlo e lasciare tutti scottati. Per fortuna le sardine le hanno permesso semplicemente di fischiare». Un movimento che, secondo i suoi fondatori, avrebbe “canalizzato” il malcontento popolare.
Non sarà un partito
«La forma stessa di un partito sarebbe un oltraggio a ciò che è stato e che potrebbe essere. E non perché i partiti siano sbagliati ma perché veniamo da una pentola e non è lì che vogliamo tornare» aggiungono smentendo, dunque, che le sardine possano scendere direttamente in politica o fondare un nuovo movimento.
E infine: «Ci sentiamo ridicoli, inadatti e impreparati ma finalmente liberi. L’unica certezza che abbiamo è che siamo stati sdraiati per troppo tempo. E che ora abbiamo bisogno di nuotare».
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