Alitalia, l’ultimatum di Patuanelli: «Sei mesi per salvarla». E sull’accordo con ArcelorMittal il ministro promette «zero esuberi»
«Per salvare Alitalia ci restano sei mesi. L’obiettivo è chiudere entro metà anno, con la scadenza del mandato al commissario. Altrimenti si chiude. Sono stati erogati i 400 milioni di euro di prestito. Non ci saranno altri fondi». Così al Messaggero il ministro dello Sviluppo Economico Stefano Patuanelli, secondo cui «Fs deve entrare nella cordata, e poi sfida tra Lufthansa e Air France». «Niente spezzatino – dice. «Sarà una holding».
E sull’ex Ilva assicura: «A fine piano ci saranno zero esuberi».
Alitalia
«Sono stati erogati i 400 milioni di euro di prestito. Non ci saranno altri fondi. Per Alitalia questo è davvero l’ultimo intervento dello Stato», dice il ministro dello Sviluppo economico nell’intervista in apertura del Messaggero.
Alitalia «perde circa 2 milioni al giorno. Vorrei sapere cosa si può fare di più rispetto a quanto stiamo facendo», dice Patuanelli. Al commissario Leogrande «è stato dato ampio mandato, non una cambiale in bianco però, per trovare una soluzione. Dovrà rendere più attraente la compagnia».
Patuanelli assicura che non ci sarà uno spezzatino, ma uno spacchettamento: «Si può immaginare una holding Alitalia con una diversa articolazione che mantenga l’integrità aziendale. No invece alla costituzione di società diverse da cedere separatamente». Sulla possibilità che Fs torni in gioco «non bisogna bruciare quanto fatto fino a ora».
«Metteremo in concorrenza Air France-Delta e Lufthansa. Non faremo regali a nessuno», prosegue Patuanelli, secondo cui «serve anche una riforma del trasporto aereo. Penso per esempio alle low cost, agli aiuti che ricevono e che in molte situazioni danneggiano proprio Alitalia. Non è più tollerabile».
Il ministro spiega quindi di non temere la mannaia Ue per gli aiuti di Stato: «Cambieremo il brand Alitalia e realizzeremo una diversa struttura societaria. Sono questi gli elementi di discontinuità che ci vengono richiesti».
E l’ex Ilva?
Sull’ex Ilva, «aumentando la produzione di 2 milioni di tonnellate e con l’ingresso dello Stato che si fa carico della transizione dal carbone all’elettrico, salvaguarderemo l’occupazione», dichiara Patuanelli. Quello raggiunto con Mittal «è un preaccordo non vincolante – chiarisce – ma contiene elementi importanti per il proseguimento della trattativa. Non è la vittoria, ma fissa dei paletti. Ovvero la revisione del piano industriale, che porta con sé anche quella del piano ambientale».
La produzione finale – precisa – «è di 8 milioni di tonnellate di acciaio», con «elettrico puro, preridotto e carbone. Così potremo eliminare due terzi di Co2 e garantire la salute e i livelli occupazionali attuali».
Per gli esuberi dati dalla produzione attuale, «faremo ricorso agli ammortizzatori» e «metteremo in campo ulteriori interventi per creare lavoro extra Ilva. Penso a Philip Morris-Iqos che ha proposto di fare un call center con 370 posti. Penso a Fincantieri che si è detta disponibile a dare una mano con altri 100 posti di lavoro. Penso anche al coinvolgimento della filiera dell’acciaio italiana».
Lo Stato «entrerà in ArcelorMittal Italia (Ami), ma definire ora la quota è prematuro», dice ancora Patuanelli. «Per garantire i livelli occupazionali», basta aumentare «la produzione di 2 milioni di tonnellate e con l’ingresso dello Stato che si fa carico della transizione dal carbone all’elettrico salvaguarderemo l’occupazione». Un obiettivo che sarà raggiunto «fra quattro anni, a fine piano. Per questo è forse giusto aspettare a far festa».
In copertina Stefano Patuanelli, ministro dello Sviluppo Economico, durante la riunione della VII Cabina di regia per l’Italia internazionale, Ministero degli Esteri, Roma, 20 dicembre 2019. ANSA/Riccardo Antimiani
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