Operai ridotti come schiavi: arrestati due fratelli cinesi nel Torinese
La Guardia di finanza di Torino ha arrestato due persone, fratello e sorella di nazionalità cinese di 28 e 26 anni, per sfruttamento del lavoro. L’accusa è che costringessero gli operai a lavorare in condizioni di schiavitù fino a 15 ore al giorno, senza riscaldamenti, in condizioni igieniche precarie e con una paga di soli 30 centesimi all’ora.
I militari hanno eseguito diverse perquisizioni in provincia di Torino, ad Agliè, a Cuceglio e a Montalenghe, e hanno accertato la presenza di laboratori di sartoria dove venivano impiegati circa 30 operai, alcuni dei quali clandestini, e case private dove gli stessi si ritiravano al termine della lunga giornata lavorativa.
Le indagini
I fratelli, originari di Zhejiang (Cina), ma residenti in Italia da quando erano piccoli, facevano produrre ai lavoratori migliaia di articoli destinati a successive lavorazioni o al mercato estero.
Da quanto è emerso, i lavoratori erano continuamente videosorvegliati, alloggiati in bivacchi ricavati in spazi angusti all’interno del laboratorio infestato da topi e blatte. I laboratori erano illuminati solo dalla luce artificiale, a causa dell’installazione di pannelli che impedivano la visuale all’interno e all’esterno dei locali.
In piena notte, terminato il turno, gli operai tornavano nei loro piccoli alloggi sovraffollati (ci vivevano fino a 7 persone), percorrendo a piedi i campi di grano di Agliè e Montalenghe.
Durante le indagini, le Fiamme gialle hanno accertato che i due arrestati avevano istruito a dovere gli operai sulla versione da fornire in caso di accertamenti delle autorità.
Nei provvedimenti emessi dal giudice figura anche il sequestro preventivo di Immobili adibiti a dormitorio per i lavoratori clandestini, attrezzature, macchinari e laboratori dedicati ad area manifatturiera non censiti alla Camera di Commercio. E ancora, autoveicoli intestati all’azienda coinvolta, fra cui un Range Rover Sport utilizzato per lo spostamento da un luogo all’altro degli operai.
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Foto di copertina: foto d’archivio, su Unsplash