I Benetton pretendono 23 miliardi, Conte non cambia idea: nuove regole. Di Maio attacca: «Via la concessione»
Il braccio di ferro tra Autostrade e governo si è fatto durissimo dopo la lettera di Autostrade per l’Italia che già batte cassa dopo l’inserimento nel decreto Milleproroghe sulle nuove regole per i concessionari.
Nel Milleproroghe è presente una norma (l’articolo 33) che stabilisce, tra le altre cose, che in casi eccezionali ci sia il trasferimento immediato del controllo delle strade e della rete all’Anas. Uno strumento che da una parte servirebbe a sbloccare molti nodi, ma che potrebbe significare anche direttamente la revoca della concessione chiesta dal Movimento 5 stelle dopo il crollo del Ponte Morandi.
La lettera di Atlantia al governo
La clausola non è piaciuta a Autostrade: Atlantia (di proprietà della famiglia Benetton) ha subito inviato una lettera formale a Palazzo Chigi, al ministero dei Trasporti e al ministero dell’Economia.
Nel testo, la società paventava la risoluzione del contratto sulle concessioni con tutte le conseguenze del caso, in primis il risarcimento totale di 23 miliardi di euro, in ragione dei «molteplici diritti e principi sanciti dalla Costituzione e dal diritto comunitario, incluso il rispetto del principio di affidamento e a tutela del patrimonio della Società e di tutti gli stakeholders».
Atlantia sottolineava anche i «profili di incostituzionalità» della norma 33 contenuta nel Milleproroghe e evidenziava di stare «valutando ogni iniziativa volta a tutelare» i propri diritti.
La lettera è stata definita “inaccettabile” dalla ministra delle Infrastrutture e dei trasporti Paola De Micheli, e alla quale il ministro degli Esteri Luigi Di Maio ha risposto con una chiusura ancora più netta nei confronti delle concessioni ad Autostrade.
La posizione del governo
Per il capo politico del M5s, quindi, rimarrebbe l’obiettivo minimo «di togliere le concessioni a Benetton che non ha fatto manutenzione», specificando che si tratta «non della linea di M5s, ma di quella del governo».
Ma Italia Viva continua a dirsi contraria ad una revoca in corso d’opera, perché metterebbe a repentaglio migliaia di posti di lavoro «senza considerare l’impatto sugli investimenti e sulla crescita».
Chiede responsabilità, invece, il Pd: «Ci sono forze politiche della maggioranza che puntano più alla propria visibilità che a valorizzare ciò che stiamo facendo insieme al governo e questo non va bene», spiega il senatore Franco Mirabelli, vicepresidente del gruppo dem al senato.
«Il tema – ha sottolineato – non vale solo per la manovra, ma anche per le concessioni. Nel decreto Milleproroghe non c’è alcuna revoca delle concessioni di Autostrade per l’Italia, ma vengono stabiliti due principi: si blocca l’aumento dei pedaggi a totale discrezione dei concessionari e si contesta la decisione presa durante il governo Berlusconi secondo la quale Autostrade per l’Italia ha diritto ad un indennizzo totale anche in caso di revoca. Noi diciamo che devono valere gli stessi principi per tutti i concessionari. Poi ci sono due revoche effettuate in accordo con i concessionari».
Conte: «Nessuna revoca, ma mai più favori»
In un’intervista al Messaggero, il premier Conte ha affermato di non credere affatto che le norme introdotte nel decreto Milleproroghe «creino problemi al sistema» delle concessioni autostradali. Anche perché, aggiunge, «non abbiamo disposto la revoca o la decadenza di nessuna concessione», ma semmai «introduciamo un regime più uniforme e trasparente» di norme.
Nel caso si dovesse procedere ad una revoca o alla decadenza della concessione, Conte ha assicurato che il governo ha previsto che la concessione «possa essere affidata ad Anas».
Per il premier, quindi, non c’è «nessun allarme per il settore delle concessioni» e chi ha fatto investimenti, anche in caso di inadempimento, «potrà recuperare le somme per i costi realmente sostenuti e non ammortizzati».
In ogni caso, conclude tassativo, «non si potranno più applicare norme di favore come quelle invocate da Atlantia», la quale anche in caso di inadempimento grave «pretenderebbe un indennizzo di decine di miliardi». Ventitrà, per la precisione: «Non lo permetterò», ha detto il premier.
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