Perché a risarcire lo Stato per l’occupazione di Casapound potrebbero essere dei funzionari (e non gli occupanti) – Le carte
La procura generale presso la Corte dei conti non se la prende con gli occupanti. Anzi, questi ultimi nell’atto di citazione della magistratura contabile non sono proprio citati. Nell’atto di citazione a giudizio per un danno erariale complessivo di 4,5 milioni di euro legato all’occupazione della sede di CasaPound, l’accusa, invece, è tutta per i funzionari – al Demanio come al ministero dell’Istruzione e della ricerca – che in questi quindici anni nulla hanno fatto per recuperare un immobile nel pieno centro di Roma, in via Napoleone III.
Il motivo di questa scelta è spiegato con estrema chiarezza nelle 58 pagine di citazione depositate ieri mattina. La storia, scrive il vice procuratore Massimiliano Minerva, comincia il 17 dicembre del 2003 al momento dell’occupazione del palazzo che era stato ceduto in uso dal Demanio al ministero dell’Istruzione nel 1960. Il palazzo viene occupato poco dopo l’addio del ministero, che stava valutando come impiegarlo nuovamente.
La cosa paradossale, scrive il magistrato, è che sebbene si tratti di una struttura di un certo valore, da quel momento non si muove quasi nulla. Un funzionario si presenta pochi giorni dopo, il 26 dicembre, nel commissariato più vicino e presenta un esposto. Nella sua azione, però, manca la delega da parte del ministero dell’Istruzione e della Ricerca, dunque l’atto è nullo e – tre anni dopo – il giudice assolve gli occupanti perché manca la delega. Un errore? Forse. Ma il ministero dopo aver sbagliato la denuncia non ha neppure provato a partecipare al processo:
“In data 3.5.2006 al MIUR, quale persona offesa, è stato notificato il decreto di citazione a giudizio, notifica eseguita dall’Ufficiale giudiziario nei confronti dell’Avvocatura dello Stato (allegato 30)”
L’agenzia del Demanio, se possibile, fa anche peggio. Nessuna azione, neppure una denuncia, né in sede civile né in sede penale. Al massimo, l’Agenzia del Demanio si è limitata a chiedere alla prefettura di provvedere allo sgombero. Il risultato è sotto gli occhi di tutti, tanto più che per anni – anche solo fino al 2018 – nell’elenco degli immobili che dovevano essere liberati prioritariamente quello di via Napoleone III non c’era: né una denuncia, né un’azione civile e neppure il tentativo di concordare un canone d’affitto.
I costi per lo Stato sono stati dunque calcolati in 4,5 milioni di euro e tutti dovrebbero essere recuperati, se il giudice darà ragione alla procura, sottraendoli direttamente agli stipendi dei funzionari sotto accusa. Con la nota amara, sottolinea la procura contabile, che lo stesso Demanio ha più volte evidenziato quanto la necessità di affittare palazzi per le sedi pubbliche pesi sulle casse dello Stato ogni anno.
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