Papa Francesco alla messa della notte di Natale: «In terra tutto risponde alla logica dare-avere, ma Dio arriva gratis»
È un messaggio di esortazione a reagire davanti alla sfiducia e un invito all’impegno disinteressato verso il prossimo, ma anche di autocritica per la Chiesa quello lanciato da papa Francesco nell’omelia della messa della notte di Natale nella Basilica di San Pietro. E lo fa citando San Paolo: «La notte di Natale – ha detto il pontefice – è apparsa la grazia di Dio che porta salvezza a tutti gli uomini». Una cosa «completamente gratuita. Mentre qui in terra tutto pare rispondere alla logica del dare per avere, Dio arriva gratis. Mentre non eravamo all’altezza, Egli è venuto tra noi. Natale ci ricorda che Dio continua ad amare ogni uomo, anche il peggiore».
«Dio ti ama e basta – dice il Papa – Il suo amore è incondizionato, non dipende da te. Puoi avere idee sbagliate, puoi averne combinate di tutti i colori, ma il Signore non rinuncia a volerti bene». Come si può avere paura, se queste sono le premesse dell’esistenza? Si domanda Bergoglio, quindi «coraggio, non smarrire la fiducia, non perdere la speranza, non pensare che amare sia tempo perso». Piuttosto «posiamo lo sguardo sul Bambino e lasciamoci avvolgere dalla sua tenerezza. Non avremo più scuse per non lasciarci amare da Lui: quello che nella vita va storto, quello che nella Chiesa non funziona, quello che nel mondo non va non sarà più una giustificazione». Tutto ciò, ha detto poi il Papa «passerà in secondo piano, non ci sono scuse».
E a questo punto il Papa che porta il nome del più grande Rifondatore della Chiesa cattolica, san Francesco, autore del primo presepe vivente sette secoli fa, ricorda non un passo dei vangeli canonici, ma «una graziosa leggenda» di Natale. «Alla nascita di Gesù, i pastori accorrevano alla grotta con vari doni. Ma c’era un pastore che non aveva nulla. Era poverissimo, non aveva niente da offrire. E allora Maria, che doveva reggere il Bambino, vedendo quel pastore con le mani vuote, gli chiese di avvicinarsi. E gli mise tra le mani Gesù. Quel pastore, accogliendolo, si rese conto di aver ricevuto quanto non meritava, di avere tra le mani il dono più grande della storia. Guardò le sue mani, quelle mani che gli parevano sempre vuote: erano diventate la culla di Dio. Si sentì amato e, superando la vergogna, cominciò a mostrare agli altri Gesù, perché non poteva tenere per sé il dono dei doni». Un parallelismo che porta alla situazione della Chiesa di Bergoglio, che ha tante cose non vanno e al suo pastore che così tanto gli somiglia.
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