Ibra-Milan, Zlatan dice sì al Diavolo. Lo svedese torna in Serie A
Zlatan Ibrahimovic torna in Italia, al Milan. A quasi 8 anni dall’ultima volta. Ne ha 38, ora, lo svedese, ma i rossoneri lo aspettano come il Messia sportivo per risollevarsi dal punto più basso della loro storia recente (e meno recente). Dall’addio del 2012 le cose sono molto cambiate, e in peggio.
Ibra, l’uomo che non fa provini (come rispose lui stesso da giovanissimo a Wenger che voleva portarlo all’Arsenal), ha rotto gli indugi, sperando di fare la stessa cosa con gli incantesimi (negativi) che affliggono il Milan.
Il sì al Diavolo è arrivato nelle ultimissime ore e sta scatenando l’entusiasmo dei tifosi, nonostante qualche legittimo dubbio sull’apporto a medio-lungo termine dello svedese.
Che, intanto, guadagnerà 3 milioni di euro fino a fine stagione. Nel caso dovesse, poi, raggiungere un determinato numero di gol, si guadagnerebbe l’automatico rinnovo fino a giugno 2021 (e altri 6 milioni di euro).
Un pesante sforzo economico del Milan; un ingaggio mica da poco, solo in parte attutito dal trasferimento a costo zero del talento di Malmoe (liberatosi da Los Angeles, ma con una commissione da pagare a Raiola).
Ibra ha vinto quattro scudetti (tre con l’Inter, uno col Milan, più quello conquistato e poi revocato al primo anno di Juve, e quello del secondo anno in bianconero, non assegnato). Mai la Champions League e il Pallone d’Oro. Ma resta un talento assoluto, per quanto stagionato.
E ora nessuno dei parenti dovrà mostrare la sua carta d’identità come quando, a 10 anni (e contro avversari di 2 o 3 più grandi), entrò nel secondo tempo di un Balkan-Vellinge sul 4-0. Erano tutti più grandi di lui. La partita finì 4-8. Indovinate di chi furono tutti e otto i gol della rimonta?
Dai campi di Rosengard sono passati tempo, ricordi e successi. A 38 anni Ibra è un vecchio, ma sicuro porto di rifugio per un Diavolo in balia delle onde.
Foto di copertina Ansa