CasaPound, Facebook contro l’ordinanza: «Diffondono odio organizzato». La replica: «Sembrate militanti dei centri sociali»
CasaPound torna su Facebook? Il colosso di Cupertino non ci sta e presenta un reclamo contro l’ordinanza del Tribunale di Roma che il 12 dicembre scorso ha ordinato al social network più popolare al mondo di riattivare la pagina di CasaPound, nonché quella del profilo personale e la pagina pubblica dell’amministratore Davide Di Stefano, chiuse il 9 settembre per istigazione all’odio.
Cosa dice Facebook
«Ci sono prove concrete che CasaPound sia stata impegnata in odio organizzato e che abbia ripetutamente violato le nostre regole. Per questo motivo abbiamo presentato reclamo», ha fatto sapere un portavoce dell’azienda di Zuckerberg.
«Non vogliamo che le persone o i gruppi che diffondono odio o attaccano gli altri sulla base di chi sono utilizzino i nostri servizi, spiegano da Facebook. «Per questo motivo abbiamo una policy sulle persone e sulle organizzazioni pericolose che vieta a coloro che sono impegnati in “odio organizzato” di utilizzare i nostri servizi»
Il social, quindi, difende le proprie scelte: «Partiti politici e candidati, così come tutti gli individui e le organizzazioni presenti su Facebook e Instagram, devono rispettare le regole, indipendentemente dalla loro ideologia».
La replica
«I reclami di Facebook sembrano scritti da un militante dei centri sociali. Noi non facciamo “odio organizzato” e non può essere Facebook a stabilire chi parla e chi no, è lo Stato a dire se siamo illegali», tuona Davide Di Stefano, uno dei leader romani di CasaPound.
«Del resto il giudice dice che noi rispettiamo la Costituzione. I big di internet, come Facebook, non sono un campo neutro: incarnano l’ideologia liberal degli editori della sinistra mondiale. Mi chiedo perché la pagina di Chef Rubio, che ha fatto un post vergognoso contro la polizia, non sia stata rimossa», aggiunge.
Sit-in di CasaPound
CasaPound, nel frattempo, “festeggia” oggi i 16 anni di occupazione del palazzo di via Napoleone III a Roma. E lo fa con un sit in nel corso del quale rispunta – temporaneamente – la scritta “CasaPound”. Come si vede da questo post pubblicato sulla pagina ufficiale, i militanti hanno esposto, in segno di protesta, lettere analoghe a quelle che sono state rimosse diversi mesi fa dalla facciata della loro sede, su disposizione del Comune di Roma.
Per l’occupazione dell’immobile nel quartiere Esquilino della Capitale la procura generale presso la Corte dei conti chiede un danno erariale complessivo di 4,5 milioni di euro. L’accusa è per i funzionari – al Demanio come al ministero dell’Istruzione e della ricerca – che in questi quindici anni nulla hanno fatto per recuperare un immobile nel pieno centro di Roma.
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