Il Milan fa all in su Ibrahimovic: ora rischiano il sacrificio i (costosi) giovani presi giusto un anno fa
Gli serviranno un paio di settimane (almeno) per recuperare il ritmo partita, ma sul fatto che Zlatan Ibrahimovic possa avere un impatto immediato su questo Milan ci sono pochi dubbi; perché fare peggio è impossibile, oltre che per ragioni che, in parte, stanno pure a sconfessare quanto finora fatto dalla dirigenza sul mercato. Ibra, 38 anni, integro, arriva in una squadra carente di leadership, nella quale gli unici trascinatori sono stati Theo Hernandez con le sue accelerazioni e, nelle ultime settimane, Jack Bonaventura, il sopravvissuto delle varie rivoluzioni rossonere. Non è bastato, però. E riprendere Ibra pure per fargli fare il leader (e l’equilibratore di sistema) significa aver sbagliato prima, peraltro a suon di soldi. Nell’ultimo mercato (ne abbiamo riferito qui) e pure nel penultimo. Perché esattamente un anno dopo il Milan si trova a sacrificare con l’acquisto dello svedese i due giocatori (giovani) su cui voleva costruire il futuro: Paquetà e Piatek. Il primo è sotto corte del Psg e può partire, il secondo (già irriconoscibile di suo in questa prima parte di stagione) appare poco ‘cumulabile’ con l’offerta Ibra.
Assolutismo Ibra
Negli ultimi tre anni, in particolar modo, Ibra non ha dato grandi alternative di sistema ai suoi allenatori. A Manchester, nel 2016-2017, ha giocato sempre da prima punta (spesso nel 4-2-3-1, a volte nell’albero di Natale). Il sacrificato, all’epoca, è stato Rooney, retrocesso a trequartista con la conseguente perdita di contatto con la porta (1 gol in 16 partite). Era già in fase calante il Golden Boy, che ha però sofferto l’assolutismo di Ibra (tanto bravo ad aprire i varchi per le mezzali, Nocerino lo sa benissimo, quanto ingombrante per i compagni di reparto, compreso Cavani al Psg). Anche ai Galaxy, dove Ibra ha strasegnato ma vinto zero, Zlatan ha agito da punta fissa, con ai lati Pavòn e Antuna. Ruoli molto simili a quelli di Leao e Calhanoglu, non certo di Piatek. Che da investimento di lusso rischia di diventare riserva triste, a meno che non decida di accettare soluzioni a breve termine come il parcheggio nel ‘suo’ Genoa.
Foto di copertina Ansa
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