Cosa c’è da sapere sul dibattito in merito alla prescrizione
Mancano solo due giorni prima che la riforma della prescrizione, approvata dal Conte I all’interno del pacchetto “Spazzacorrotti“, entri ufficialmente in vigore. Quella che è stata (ed è) la punta di diamante del ministero della Giustizia guidato da Alfonso Bonafede – fedelissimo del Movimento 5 Stelle a conduzione di Luigi Di Maio – è stata al centro di polemiche fin dai primi giorni della sua formulazione. Caduto il governo gialloverde e cambiati gli equilibri della maggioranza, la riforma Bonafede è andata incontro a giorni difficili.
Anche se il Guardasigilli ha detto che «ci saranno praterie per lavorare insieme sulla giustizia», il Partito Democratico e Italia Viva continuano a non indietreggiare sulle loro posizioni in merito alla durata dei processi. E mentre Conte, Di Maio e Bonafede sono in sintonia sulla necessità di far entrare in vigore la riforma nei tempi stabiliti, tra i dem e i renziani si evoca la possibilità che l’esecutivo possa crollare qualora Bonafede non aprisse alle revisioni.
Lo scarto fra l’approvazione della norma e la sua effettiva applicazione, infatti, era stato dettato dalla necessità di trovare il tempo per approvare la riforma del processo penale nel suo complesso, punto su cui ancora oggi si discute. «Non si può parlare solo di prescrizione tralasciando tutto il resto», ha commentato il 30 dicembre il giurista ed accademico Giovanni Maria Flick, ex ministro della Giustizia. «E qui si tende a fare confusione tra la prescrizione – che è la cancellazione sostanziale del reato dopo un certo tempo – e la ragionevole durata del processo – che prevede un limite processuale previsto dalla Costituzione e dalla Cedu».
Pd e Iv vorrebbero a questo punto l’inserimento della riforma nel Milleproroghe, così da rimandarne ancora l’entrata in vigore e far slittare la data del primo gennaio 2020 a quando si sarà risolto il nodo dei tempi del processo. Con questo obiettivo, dal Nazzareno arriva la bozza di una nuova proposta di legge, dopo il no espresso al disegno alternativo avanzato da Forza Italia (che è pur sempre opposizione), a firma Enrico Costa. «Il Pd si è confermato forza leale con la maggioranza – aveva detto Nicola Zingaretti a inizio mese – ma riteniamo inaccettabile l’entrata in vigore delle norme sulla prescrizione senza garanzie sulle durate dei processi. Non si può rimanere sotto processo per un tempo indefinito, per lunghissimi anni».
«Sembra di ascoltare Salvini e Berlusconi», rispondevano dai vertici del Movimento 5 stelle. Per ora, sembra che il governo sia ben lontano da avere una soluzione definitiva al problema. Ma intanto, che differenza c’è tra le diverse proposte e che impatto possono avere sui processi?
La riforma Bonafede, in breve
Contenuta nel ddl Anticorruzione, ribattezzato Spazzacorrotti dal Movimento 5 Stelle, è stata approvata definitivamente dalla Camera nel dicembre dello scorso anno, con 304 voti a favore, 106 contrari e 19 astenuti. In sostanza, il decreto blocca la prescrizione dopo il primo grado di giudizio, sia in caso di assoluzione sia in caso di condanna: in questo modo, nessun processo finirà mai in prescrizione qualora arrivasse almeno a una sentenza di primo grado.
Secondo Bonafede e i 5stelle, questa strategia permetterebbe l’accorciamento dei processi e la riduzione del rischio di impunibilità a causa della scadenza delle tempistiche. Secondo un’analisi realizzata da Agi sui dati del 2017, la riforma riguarderebbe 28mila prescrizioni in Corte d’Appello e 670 in Cassazione. Non interesserebbe invece le quasi 100mila prescrizioni che avvengono prima della sentenza di primo grado, che continuerebbero a verificarsi. Allo stato attuale delle cose, la riforma interessa il 23% delle prescrizioni attuali, che a loro volta interessano circa il 12,5% delle definizioni (1 su 8).
La proposta del Pd
Il nocciolo della proposta del Pd, un unico articolo presentato il 27 dicembre al Nazzareno, è la sospensione della prescrizione fino a due anni e sei mesi dopo la sentenza di primo grado. Una modifica meno radicale e più morbida che, secondo i dem, riuscirebbe a mettere d’accordo i 5stelle e il resto della maggioranza. Posizionandosi in un prospettiva inversa rispetto a quella del Movimento, secondo i dem abolire la prescrizione comporterebbe il rischio che i procedimenti si dilunghino all’infinito, non avendo i pubblici ministeri delle dead line da rispettare per arrivare alla sentenza. La proposta, sottoscritta anche dal vicesegretario Andrea Orlando e dal capogruppo alla Camera, Graziano Delrio, è già stata depositata a Montecitorio e dovrebbe essere presentata anche al Senato alla riapertura dei lavori parlamentari.
Un primo endorsement alla proposta del Pd è arrivato dall’ex procuratore di Torino Armando Spataro. «Una soluzione che dopo la sentenza di primo grado si limiti ad allungare i tempi della prescrizione mi sembra ragionevole. La prescrizione indica un venir meno dell’interesse dello Stato alla punizione del reato a causa del decorrere di un tempo variabile a seconda della gravità del reato. Se però il pm promuove l’azione penale, o arriva una condanna, si può anche dire che quell’interesse si è manifestato».
La procedura d’urgenza fallita di Forza Italia
La proposta del Pd ha creato malumore tra i forzisti, che hanno sottolineato «la faccia tosta del Pd»: «Prima respinge più volte la nostra proposta provocando l’entrata in vigore dello stop alla prescrizione targato Bonafede», ha detto l’ex ministro del governo Gentiloni, Enrico Costa, ora Fi, firmatario di un ddl alternativo alla riforma 5stelle, «poi presenta un testo con gli stessi contenuti della proposta appena bocciata».
Il tentativo dell’opposizione di bloccare la riforma Bonafede con il ddl di Costa era stato infatti frenato dalla Camera, che il 3 dicembre scorso ha respinto con 219 voti a favore, 269 contrari e due astenuti la richiesta di procedura d’urgenza per la proposta di legge Costa, che ne annullava l’entrata in vigore prevista per il 1 gennaio. Pd e Leu, nonostante l’opposizione alla riforma, avevano votato insieme ai 5stelle, nonostante le minacce nei giorni precedenti di sostenere il testo di Forza Italia qualora non si fosse trovato un accordo nel governo sulla riforma del processo penale.
«L’unica differenza tra la nostra proposta e quella presentata ora dai Dem», ha spiegato Costa, «sta in sei mesi di sospensione in più dopo il primo grado e sei mesi in meno dopo l’appello». «Se davvero il Partito democratico e Italia Viva vogliono rimediare a questo disastro – ha detto il senatore Nazario Pagano, capogruppo di Forza Italia in Commissione Affari Costituzionali – non devono far altro che votare la proposta di Forza Italia a prima firma Costa». «In fondo – ha continuato – nel Parlamento, gli unici a volere questa riforma sono i grillini (anche la Lega si è schierata contro, ndR): i numeri ci sono, ora serve il coraggio».
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