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«Ho visto il cofano»,«Non erano sulle strisce», i verbali dei protagonisti della tragedia di Corso Francia

31 Dicembre 2019 - 06:07 Sara Menafra
Paolo Genovese, il regista, padre del guidatore, scrive alle famiglie di Gaia e Camilla

L’interrogatorio di Pietro Genovese è fissato per giovedì mattina. Mentre i vigili urbani stanno continuando a verificare le immagini delle telecamere che potrebbero aver ripreso qualche frammento del tremendo incidente stradale che non ha lasciato scampo a Camilla Romagnoli e Gaia Von Freymann (la notte del 21 dicembre a Roma), sono stati depositati gli atti sulla base dei quali la gip Bernadette Nicotra ha deciso di mettere proprio Genovese agli arresti domiciliari. Cento pagine circa in cui le parole dei protagonisti sulla scena sono riportate per come riferite ai vigili urbani e agli investigatori al momento dei fatti. La municipale ha anche messo agli atti l’abbozzo di una piantina, disegnata sulla base delle ricostruzioni raccolte.

I verbali

A colpire, però, sono soprattutto i racconti dei testimoni e di chi era presente sulla scena. A cominciare dai due ragazzi che erano a bordo del suv di Genovese e hanno reso immediatamente dichiarazioni. Davide A. che nei giorni scorsi ha parlato anche con alcuni giornali, dice che Pietro Genovese non poteva vedere le ragazze:

«All’atto del sorpasso Pietro non si accorgeva che due persone stavano attraversando la carreggiata ed involontariamente colpiva una delle due. Immediatamente Pietro fermava l’auto per sincerarsi delle condizioni della persona. Faccio presente che le due persone non attraversavano sulle strisce ma in un tratto completamente buio correndo per evitare le auto in transito». Il suo racconto ha diverse imprecisioni: non parla della seconda ragazza ed è l’unico a dire che la macchina si è fermata subito, mentre i vigili hanno trovato il suv 250 metri più avanti, con Genovese in stato di shock. Tommaso L. che era con loro, sul sedile posteriore, dice di non aver visto la dinamica, ma è sua la voce che urla di fermarsi:

«Stavo usando il cellulare a un certo punto ho sentito un forte rumore, alzando lo sguardo notavo il cofano della nostra vettura. Ho realizzato che era avvenuto un impatto. Nell’immediato ho urlato di fermare la vettura e ci siamo fermati sulla rampa della tangenziale in direzione Salaria» .

Dov’erano le ragazze?

Quanto imprudenti siano state Gaia e Camilla nell’attraversare al buio corso Francia è uno degli elementi ancora poco chiari di questa vicenda. La gip, nel descrivere il loro comportamento, ha parlato di «grave imprudenza» e di «condotta vietata». Alcuni testimoni che si sono fermati a soccorrere le due non sembrano d’accordo. Emiliano A. citato nell’ordinanza di custodia cautelare e di professione autista (il particolare è rilevante, in questo caso) procedeva nella carreggiata opposta a quella di Genovese ed è sicuro di aver visto le giovani sulle strisce.


Le ragazze, aggiunge, si sono trovate al centro dell’attraversamento quando il semaforo è scattato: «Il loro comportamento penso fosse dovuto al fatto che l’impianto pedonale era appena passato al rosso». La certezza di questo come di altri testimoni andrà comunque verificata, partendo da una constatazione: tutti hanno detto di aver visto i corpi calpestati da altre macchine, sebbene l’autopsia abbia escluso con chiarezza che sia accaduto. Dunque, lo shock ha giocato a tutti un brutto scherzo.

La nuova testimonianza

Le parole di due nuovi testimoni, le cui parole finora non erano agli atti, sono ora agli atti. Moshe R. e sua moglie viaggiavano nello stesso senso di marcia di Genovese. L’uomo che si è anche fermato a dare soccorso e a bloccare il traffico, si dice sicuro che le due non fossero sulle strisce. «Mi sono accorto della presenza di due ragazze che da destra, all’altezza dell’apice del guard rail che delimita sulla sinistra la rampa di immissione su Via del Foro Italico, stavano iniziando l’attraversamento a piedi della strada, in un punto in cui non vi sono le strisce e vi è un guard rail a separazione delle due carreggiate di Corso Francia. Ho intuito che potesse succedere qualcosa di molto grave, infatti dopo pochissimi istanti è sopraggiunta, sulla corsia alla mia sinistra, un’autovettura, un Suv.

Ricordo simile a quello della moglie. Le ragazze, spiega, hanno attraversato «in maniera frettolosa e incauta, senza accertarsi dell’eventuale sopraggiungere di altri veicoli». Dice di aver stimato la velocità dell’auto di Genovese in circa «ottanta chilometri orari».

L’impatto, dunque, sarebbe avvenuto comunque: «Ritengo che, anche procedendo ad una velocità più moderata, l’impatto sarebbe stato inevitabile in quanto i pedoni e l’autovettura hanno impegnato simultaneamente quel tratto di strada. Inoltre il conducente dell’autovettura aveva la visuale oscurata dall’auto circolante sulla corsia centrale».

La lettera di Paolo Genovese

Stabilire l’effettiva velocità della macchina non sarà cosa facile. Proprio perché l’incidente è avvenuto quando stava ancora pioviendo, sulla strada non sono rimasti segni di frenata.

A questo punto starà a Pietro Genovese dire la sua, giovedì, quando sarà sentito dalla gip, assistito dall’avvocato Gianluca Tognozzi. Nel frattempo, il padre, il regista Paolo Genovese, ha mandato alle famiglie delle due ragazze una lettera per esprimere il proprio cordoglio. Una lettera che sia gli avvocati della difesa sia quelli di parte civile (Giulia Buongiorno e Cesare Piraino) hanno deciso di non diffondere, in cui il regista esprime il grande dolore per quanto accaduto e solidarietà. E’ possibile che le famiglie si incontreranno, prima dell’inevitabile incrocio in tribunale.

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