Vladimir Putin

Chi è Vladimir Putin Il presidente della Federazione Russa Vladimir Putin

Chi è Vladimir Putin?

Mentre il novembre del 1989 il mondo celebrava la caduta del muro di Berlino e la fine della cortina di ferro, un uomo, allora 37enne, vedeva l’inizio di una nuova era: la sua. Sono 25 anni che Vladimir Putin è al potere, da quando, il 31 dicembre del 1999, sarebbe stato indicato da Boris Yeltsin come suo successore a capo del Cremlino. Un quarto di secolo in cui la politica russa è cambiata sulla scia delle ceneri lasciate dalla dissoluzione dell’Urss nel 1991 e l’impatto avuto su un ex agente del KGB fattosi politico e zar di una Russia che ha riacquistato una posizione di rilevanza strategica nel vuoto geopolitico lasciato dal suo rivale occidentale: gli Stati Uniti. Grazie ad una riforma del 2020 che ha rimosso il limite di mandati presidenziali, Putin a marzo 2024 ha vinto le elezioni e potrebbe restare in carica fino al 2036, sorpassando per «longevità politica» Joseph Stalin, che resse l’Unione Sovietica per 29 anni. La leadership dell’ex agente del KGB diventerebbe così la più lunga nella storia del suo Paese dai tempi dell’impero degli zar. 

Da agente segreto a capo del Cremlino

Vladimir Putin agente segreto capo cremlino

Vladimir Vladimirovič Putin è nato a Leningrado, oggi San Pietroburgo, il 7 ottobre 1952. La madre Maria Ivanovna Shelomova era un’operaia, il padre Vladimir Spiridonovich, un ex sommergibilista e agente della polizia segreta Nkvd3. Ha vissuto un’infanzia povera in una kommunalka, un’abitazione condivisa con altre famiglie. Nel 1970 si è iscritto alla facoltà di giurisprudenza, stringendo un legame con il professore Anatolji Sobchak, destinato a diventare il suo mentore politico. Dopo la laurea, conseguita nel 1975, Putin è entrato come agente nel KGB, il servizio segreto sovietico lavorando per dieci anni in Russia. Nel 1985 è stato inviato alla sede di Dresda, nella Germania orientale, uno dei Paesi satelliti dell’URSS.

L’ascesa di Vladimir Putin è stata segnata da una caduta, quella del muro, che lo ha visto, tenente colonnello a Dresda, dover fronteggiare un assedio da parte di manifestanti alla stazione del KGB nella Germania dell’Est. Il silenzio di Mosca alla sua domanda su come avrebbe dovuto agire in tale circostanza è stata la risposta di un sistema politico ormai al collasso. Dagli eventi di Dresda Putin è tornato a Mosca, svestendo i panni dell’agente del KGB e indossando quelli del politico. Prima l’incarico di vicesindaco di San Pietroburgo, sua città natale, poi un ritorno alle origini, nel 1998, con il comando del FSB, una delle agenzie che succedettero al KGB, affidatogli da Yeltsin. Disilluso dal crollo dell’Unione Sovietica che lui stesso definì la «più grande tragedia della storia», e lasciatosi alle spalle l’ideologia marxista leninista della gioventù impartita a scuola, il motto zarista «Autorità, ortodossia e nazionalismo», Putin è diventato la guida di un leader che fin dai primi anni al potere volle ricostruire la Russia sulle fondamenta di ordine e stabilità. Un fascino per quel potere zarista che di recente Putin non ha nascosto, rivelando in un’intervista al Financial Times la sua ammirazione per Pietro il Grande, «il più grande leader al mondo». 

La guerra in Cecenia e il crescente autoritarismo

guerra Cecenia uomo bambina ferita cuola Beslan
Ansa | Un uomo porta in braccio una bambina ferita, salvata dalla scuola di Beslan, Ossezia del Nord, 3 settembre 2004.

I primi anni di Putin al Cremlino sono stati segnati dal pugno di ferro in Cecenia dove l’ex spia ha proseguito una guerra contro i separatisti in risposta a una serie di attacchi terroristici avvenuti nella regione caucasica. Un interventismo che ha avuto il suo culmine più drammatico nel sequestro della scuola di Beslan da parte di estremisti islamici ceceni nel 2004, nel sud della Russia, dove morirono 334 ostaggi, metà dei quali bambini. Per quella strage è stato messo alle strette proprio il presidente russo, colpevole di aver gestito malamente l’affare e di aver contribuito così all’alto numero di vittime. Dopo quel drammatico evento, Putin ha deciso di eliminare le elezioni dirette dei governatori regionali per affidarle alle decisioni Cremlino. Si è aperta così la pax di Mosca o meglio di Vladimir Putin, per la ricostruzione della Russia. Lo zar si è assicurato la fedeltà degli oligarchi russi a cui ha sempre concesso di poter accumulare ricchezze in cambio del loro disimpegno dalla politica. I media sono diventati più influenzati dallo Stato, i rivali politici sono stati eliminati e le istituzioni accentrate nelle mani dell’uomo a capo del Cremlino. Sotto il suo primo mandato come presidente, l’economia russa ha vissuto una crescita per otto anni consecutivi, con il PIL a parità di potere d’acquisto aumentato del 72%. L’espansione è stata il risultato del boom delle materie prime degli anni 2000, della ripresa dopo la depressione seguita alla dissoluzione dell’Unione Sovietica e di adeguate politiche economiche e fiscali. La crescita economica è stata una delle più importanti ragioni del consenso di Putin nei primi anni. Un consenso oggi alimentato dalla propaganda bellicosa e nazionalista.

L’influenza internazionale di Mosca

Putin, inoltre, si è fatto forte del calo di influenza globale da parte degli Stati Uniti degli ultimi decenni. Nello storico discorso alla conferenza di Monaco del 2007 il presidente russo ha mandato un segnale forte criticando l’approccio unilaterale di Washington alle questioni internazionali, lanciando, indirettamente, una sfida al vecchio “nemico” dell’ovest. Mentre gli Stati Uniti erano impegnati nel pantano dell’Afghanistan e dell’Iraq, Putin intanto si è avvicinato alla Cina e ha rafforzato la sua presa su Paesi che nonostante la caduta dell’Urss continuavano a essere legati al potere del Cremlino. Dall’Asia Centrale, al Caucaso, la politica di Mosca estende la sua influenza arrivando al Mediterraneo, e soprattutto al Medio Oriente.

Un’economia che arranca

Anche a causa delle sue mire espansionistiche, l’economia russa – dopo un iniziale periodo di crescita – ha iniziato a contrarsi. Tanto che nel 2016 Putin è costretto alla vendita del 19% della proprietà del colosso petrolifero Rosneft alla compagnia svizzera Glencore e alla Qatar investment authority per un valore di 12 miliardi di dollari. Con la più grande riserva di gas naturale al mondo, l’eccessiva dipendenza di Mosca dalle sue risorse naturali ha spinto Putin a cercare nuove vie, economiche e diplomatiche, per rafforzare gli investimenti russi sempre più in crisi a causa delle sanzioni europee per l’occupazione della Crimea e l’intervento nel Donbass, sostenendo i separatisti nell’est dell’Ucraina.  

La Siria e il “Grande gioco” nel Medio Oriente di Vladimir Putin

Incontro presidente siriano Bashar al Assad Vladimir Putin Cremlino 2015
Ansa | Incontro tra il presidente siriano Bashar al Assad e Vladimir Putin al Cremlino, Mosca, Russia, 20 ottobre 2015.

Nel 2015 Putin è arrivato fino in Siria, nella guerra civile iniziata nel 2011. A settembre ha lanciato il suo primo attacco aereo dalla base russa di Kheimim, a Latakia. Mosca ha giustificato l’intervento sia come una questione di sicurezza globale, sia di vitale importanza per la sicurezza interna: la battaglia contro la diffusione del radicalismo islamico sunnita nella regione, e potenzialmente, alle porte della Russia. Da quel 2015 Putin è stato capace non solo di ribaltare la situazione sul terreno, mantenendo al potere l’alleato Assad, anche grazie al contributo dell’Iran, ma di mettere in moto una macchina diplomatica che lo presentasse come il partner affidabile e l’unico con cui mediare, per decidere le sorti del Paese. Un potere e un’influenza testimoniate dal modello Astana, che vede Putin sempre al centro dei colloqui per la ricostruzione del Paese. Una pax russa, su cui punta per investimenti economici e non solo. Al crollo del regime in Siria, caduto sotto i colpi della fulminea avanzata delle milizie jihadiste nel 2024, Putin ha concesso asilo alla famiglia di Assad per ricordare che Mosca non abbandona i suoi partner.

Russia: tra Cina e Stati Uniti

Russia Cina Stati Uniti 2019
Ansa | La stretta di mano tra Vladimir Putin e Donald Trump al G20 di Osaka, Giappone, 18 giugno 2019.

Nel vuoto di potere lasciato dagli Stati Uniti, negli ultimi anni Putin ha trovato un nuovo partner strategico, più che un alleato, nel presidente cinese Xi Jinping. Una collaborazione segnata non solo da una rivitalizzata cooperazione economica, ma da accordi energetici che guardano alle infinite risorse dell’Asia, dell’Artico e che tagliano fuori l’Europa dalla crescita economica di Pechino, sbocco per le aspirazioni russe. L’elezione di Donald Trump nel 2016 a presidente Stati Uniti, ha scombinato le carte in tavola, ma a favore della Russia visto che il neo capo della Casa Bianca ha promesso di migliorare i rapporti con Mosca, che viene poi accusata – nel noto Russiagate –  di aver influenzato le elezioni presidenziali Usa.

Italia-Russia: il rapporto tra Berlusconi e Putin

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Ansa / POOL / VIKTOR KOROTAYEV| Silvio Berlusconi con il premier russo Vladimir Putin, Zavidovo, Russia, 2003

A differenza di altri Paesi occidentali, l’Italia ha sempre mantenuto buone relazioni con la Russia. Un legame che, nei primi anni 2000, i governi di Silvio Berlusconi hanno ulteriormente rafforzato, complice anche la sintonia personale tra il leader italiano e Vladimir Putin. Era il 2001 quando, durante il G8 di Genova, i due si sono incontrati per la prima volta. Ma è stato l’anno successivo che il rapporto si è consolidato, grazie alla firma del Trattato di Pratica di Mare tra Nato e Russia. In quell’occasione, Berlusconi si è fatto mediatore della storica stretta di mano tra George W. Bush e Putin. In un’intervista del 2015 ad Alan Friedman, Putin ha riconosciuto come il Cavaliere abbia avuto «un ruolo essenziale nel miglioramento della situazione in Europa, non solo nell’ambito dei rapporti italo-russi, ma anche nell’ambito più vasto dell’evoluzione politica». Quella tra i due leader non è stata solo una collaborazione politica, ma anche un rapporto personale durato oltre vent’anni: hanno trascorso vacanze e festeggiato compleanni insieme, tra la Costa Smeralda e la dacia di Sochi fino alla rottura segnata dall’invasione russa dell’Ucraina. «Sono deluso e addolorato dalle decisioni di Putin» ha detto il leader di Forza Italia, condannando l’attacco. Dopo la morte di Berlusconi, il 12 giugno 2023, Putin ha comunque voluto ricordarlo, chiedendo un minuto di silenzio in sua memoria durante il Forum economico internazionale di San Pietroburgo.

Il mandato a vita e l’opposizione in patria

Ansa | Alexei Navalny viene portato fuori a forza dalla polizia russa dall’ong che dirige, attraverso cui ha svelato diversi casi di corruzione all’interno dell’establishment politico russo, Mosca, Russia, 26 dicembre 2019.

Nel 2018 Putin ha vinto le presidenziali per il suo quarto mandato con il 60% delle preferenze. Ma la corruzione, il nepotismo e le elezioni messe sempre più in dubbio, hanno indebolito la classe media e i giovani che sono sempre più disillusi da un Paese, quello forgiato da Mosca, in cui non vedono opportunità per il futuro. Dopo una riforma costituzionale del 2020 che ha rimosso il limite dei mandati presidenziali, alle elezioni del marzo 2024, Vladimir Putin ha ricevuto un ampio consenso. Altri sei anni di potere assoluto, da aggiungere ai precedenti ventiquattro, che potrebbero consentirgli di rimanere presidente fino al 2036. Nella Russia dell’ordine sancito dal Cremlino l’opposizione è stata spesso soffocata alla radice. Ne è l’esempio Alexei Navalny, il più grande oppositore di Vladimir Putin, morto in circostanze poco chiare, il 16 febbraio 2024 nella colonia penale sul Mar Artico dove stava scontando la sua pena di 19 anni di carcere per «estremismo». Grande assente alle ultime elezioni presidenziali. 

Il conflitto russo-ucraino e la condanna dell’Aja

Il 24 febbraio 2022, la Russia di Putin ha lanciato un’aggressione su larga scala, avanzando rapidamente nei pressi di Kiev e in aree strategiche nel sud e nell’est dell’Ucraina. L’offensiva è parte del progetto espansionistico già avviato nel 2014 con l’annessione della Crimea e culminato, pochi giorni prima dell’invasione, nel riconoscimento dell’indipendenza delle autoproclamate repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk, nel Donbass. Già dal 2014, infatti, questa regione era teatro di un conflitto tra il governo ucraino e i separatisti filorussi sostenuti da Mosca. All’offensiva russa, Kiev ha opposto una forte resistenza, riuscendo a difendere la capitale, a respingere l’avanzata in diverse aree del paese e conducendo incursioni anche in parte del territorio russo nella regione di Kursk. Unione Europea, Stati Uniti, Regno Unito, Canada, Giappone e altri paesi hanno imposto dure sanzioni economiche, colpendo settori strategici come energia, finanza e tecnologia, con l’obiettivo di indebolire la sua capacità bellica e isolare Mosca a livello internazionale. Nel marzo 2023 la Corte penale internazionale dell’Aja ha emesso un mandato di arresto contro Putin, ritenendolo «responsabile del crimine di guerra di deportazione illegale di bambini e di trasferimento illegale di bambini dalle zone occupate dell’Ucraina alla Russia». La portavoce del Cremlino, Maria Zakharova, ha così commentato: «Le decisioni della Corte penale internazionale non hanno alcun significato per il nostro Paese, nemmeno dal punto di vista legale». Intanto, la rielezione di Trump nel novembre 2024, unita alla crescente stanchezza delle rispettive popolazioni, hanno spinto entrambe le parti del conflitto a manifestare una maggiore apertura verso i negoziati. 

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