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Tutto quello che c’è da sapere su “Eco” di Lorenzo Fioramonti

03 Gennaio 2020 - 06:50 Alessandro Parodi
Chi comporrà il gruppo parlamentare, chi esulta per la sua nascita, il ruolo del PD e quello del premier Conte

La fuoriuscita dell’ex ministro Lorenzo Fioramonti dal Movimento 5 Stelle e la costituzione di un proprio gruppo parlamentare di riferimento, ormai data per certa (nome “ECO”, da “ecologia”, ma anche “economia”) si configurano, secondo quanto è riuscito a ricostruire Open, come un nuovo fronte, diverso e separato, rispetto a quello che si starebbe costituendo attorno alla figura del premier Conte. La nascita di un fronte, come vedremo, che vedrebbe il plauso (e qualcosa di più) del Pd.

Era stato Matteo Salvini, tra gli altri, a ipotizzare che l’operazione Fioramonti avrebbe potuto rappresentare una quinta colonna per la discesa in campo del presidente del Consiglio con una propria formazione, indipendente rispetto al Movimento 5 Stelle: ipotesi che, nonostante il premier si sia pubblicamente opposto alla nascita di nuovi gruppi, si è rafforzata dopo la sua conferma di non essere intenzionato a lasciare la politica quando si concluderà il suo incarico a Palazzo Chigi.

Lo sfilacciamento del M5S

Il gruppo “Eco” nasce quindi in un’ottica diversa. Da una parte nel contesto più ampio di sfilacciamento del Movimento 5 Stelle, dove le questioni politiche si sommano ormai a quelle personali. Dopo la cacciata di Paragone, molto vicino ad approdare alla Lega (una sorta di ritorno a casa, per colui che fu direttore de La Padania, anche se il diretto interessato, in una risposta al tg La7 di ieri sera, non ha confermato, anzi) non sono mancati i malumori. Da parte di Di Battista, ma anche di Barbara Lezzi, considerata esponente di riferimento di un’altra delle combattive correnti pentastellate: quella degli ex ministri.

Sullo sfondo di questo sfaldamento, come un monito, o forse una previsione, il video dell’ultimo dell’anno di Beppe Grillo che scava una fossa sulla spiaggia: alcuni hanno letto nella rappresentazione un riferimento alla fine del Movimento a cui, appunto, si sta “scavando la fossa”.

A chi piace “Eco” (e chi aderirà)

“Eco”, raccontano, rappresenta un progetto più coeso e di prospettiva rispetto alle iniziative personali. Non è sfuggito che parole di approvazione al progetto (anche se ancora in nuce) siano arrivate da esponenti storici dell’ambientalismo italiano come Rossella Muroni, ex presidente di Legambiente, di Liberi e Uguali, ma anche dal deputato dem Francesco Ferrante, fondatore di Green Italia, nonché da diverse anime (anche se alla spicciolata) della galassia verde.

Strizzate d’occhio – in predicato per trasformarsi in futuri ingressi – che si sommano ai nomi dati quasi per certi che comporranno il gruppo promosso da Fioramonti: Nunzio Angiola, Gianluca Rospi, Roberto Cataldi, Andrea Vallascas e Massimiliano De Toma, Rachele Silvestri, Sara Cunial, Andrea Cecconi e Gloria Vizzini. Ma si parla anche di un altro nome, stimato in ambito parlamentare: quello di Silvia Benedetti, che fuoriuscita dal M5S è approdata al gruppo misto. E che il 17 dicembre ha lasciato la componente “Cambiamo!-Dieci volte meglio”.

Un gruppo che quindi potrebbe cominciare ad avere una sua consistenza. E ci sono ragioni fondate che fanno pensare che possa crescere. In primo luogo perché non è casuale che l’iniziativa ambientalista nasca fra i banchi del Parlamento: il gruppo nasce anche con l’esigenza di raccogliere la dispersione dei malpancisti del Movimento 5 Stelle, che storicamente ha un’anima verde, soprattutto fra gli attivisti e quindi fra i parlamentari che, nella maggior parte dei casi, vengono da quell’esperienza.

Le prospettive future di “Eco”

In questo senso l’iniziativa, al di là delle dichiarazioni pubbliche, non può certo dispiacere al premier Conte. L’emorragia di parlamentari pentastellati, sempre più insofferenti, da “destra” come da “sinistra”, alla leadership di Luigi Di Maio, rischia di mettere i numeri del governo in bilico, soprattutto al Senato, dove sono già risicati fin dalla nascita.

Ma l’operazione “Eco” sembra guardare più lontano. Da tempo si parla della necessità di un “polo verde”, che in Italia non riesce a uscire dal recinto ristretto dei (piccoli) numeri dei partiti ambientalisti. Gli analisti legano il caso italiano allo storico, stretto, legame dei movimenti alla sinistra: un freno all’allargamento dei consensi. E soprattutto alla possibilità di cavalcare l’onda verde continentale, giovanile o meno che sia.

Il ruolo del Pd nell’operazione

“Eco” nascerebbe per colmare questo vuoto. Anche in prospettiva. L’iniziativa non sarebbe infatti sgradita al Partito Democratico, sia perché indebolirebbe i 5 Stelle, sia perché potrebbe rappresentare appunto un tassello (quello verde) della futura alleanza elettorale del centrosinistra, ma con un’anima più propria e indipendente (leggasi elettoralmente appetibile) rispetto al passato. C’è chi si spinge ad affermare che figure (anche di primo piano) del Pd avrebbero fatto qualcosa di più che benedire la nascita del gruppo.

Nella galassia ambientalista, in Italia disunita nonostante i temi messi in campo da Greta Thunberg abbiano monopolizzato il dibattito, “Eco” potrebbe catalizzare anche il gruppo nato attorno all’iniziativa dello scorso 5 maggio, la prima Giornata nazionale della Fai Cisl per la Cura dell’Ambiente. “Coprendo” quindi, in qualche modo, anche il fronte sindacale.

E il partito di Conte?

È abbastanza facile prevedere che il premier non costituirà o aderirà a una forza politica finché siederà a Palazzo Chigi. Da tempo però si parla di un lavorio sottotraccia per raccoglie i “contiani” fuori, ma soprattutto dentro al Movimento 5 Stelle.

Come capofila di questa operazione era stato individuato Stefano Patuanelli, il ministro dello Sviluppo Economico. In queste ultime settimane il progetto sembra però aver perso slancio. Un po’, si dice, per le riserve del Quirinale, un po’ perché tutti aspettano il 26 gennaio: solo dopo il risultato delle elezioni in Emilia-Romagna si potrà cominciare a parlare del futuro del governo e delle alleanze politiche di domani. Che dipenderanno, e non poco, anche dalla legge elettorale con cui si voterà, quando si voterà.

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