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Libia, oggi il vertice straordinario al Cairo. Sul tavolo anche il gasdotto EastMed

08 Gennaio 2020 - 11:08 Giada Ferraglioni
La questione libica interessa direttamente anche gli altri Stati già nominati per il summit egiziano (Egitto, Grecia, Cipro e Francia), così come all'Italia interessano i progressi sulla costruzione del EastMed

L’agenda di Luigi Di Maio ha iniziato a riempirsi di impegni internazionali da quando, negli ultimi giorni di dicembre, la crisi libica ha preso una piega emergenziale. Dopo diversi incontri straordinari, oggi, 8 gennaio, Di Maio prenderà parte a un vertice al Cairo, per parlare degli «accordi sui limiti delle acque territoriali stipulati tra il governo turco e il governo di accordo nazionale libico».

Inizialmente, l’incontro doveva riguardare unicamente i ministri degli esteri di Grecia, Egitto, Cipro e Francia, ed era stato organizzato con lo scopo di portare avanti il progetto di costruzione del gasdotto EastMed. L’invito è stato poi esteso al ministro degli esteri italiano, a seguito dell’annullamento del vertice in Libia, previsto inizialmente per il 7 gennaio.

La questione libica interessa direttamente anche gli altri Stati già nominati per il summit egiziano, che hanno visto come una minaccia l’accordo economico tra Libia e Turchia. Allo stesso tempo, l’Italia ha interesse a seguire i progressi sulla costruzione del gasdotto, che dovrebbe coinvolgere anche il nostro Paese.

Il 7 gennaio, Di Maio ha invece partecipato al vertice straordinario di Bruxelles sulla doppia emergenza Usa-Iran e Libia, coordinato dall’alto rappresentante per gli affari esteri Josep Borrell e riservato ai ministri degli esteri di Gran Bretagna, Germania, Francia e Italia.

ANSA, Alessandro Di Meo| Riunione con l’Alto Rappresentante Borrell e i Ministri degli Esteri di Italia (Di Maio), Germania (Maas), Francia (Le Drian), e Regno Unito (Raab). Bruxelles, 7 gennaio 2020

Terminato il summit, Di Maio è subito volato a Istanbul per incontrare il suo omologo turco Melvut Cavusoglu: dopo il sì del Parlamento turco all’invio di truppe in Libia, il Paese è diventato un interlocutore imprescindibile per la risoluzione del conflitto.

E a proposito di Turchia, nella giornata di oggi, 8 gennaio, a Istanbul si incontreranno anche Vladimir Putin e Recep Tayyip Erdogan, principali attori stranieri in Libia. Con l’occasione della cerimonia di lancio del gasdotto TurkSteam, si confronteranno anche su «questioni di rilevanza internazionale, come Siria e Libia».

La rapida escalation in Libia

L’urgenza libica è scattata quando, a fine dicembre, il generale della Cirenaica Khalifa Haftar ha spinto l’acceleratore sulla Tripolitania, arrivando fino all’area di Salah al-Din, a pochi chilometri da Tripoli. Il 4 gennaio, le forze aeree di Haftar hanno rivendicato il bombardamento sulla scuola militare di Tripoli (poi repentinamente rinnegato), che ha provocato almeno 29 morti.

Nella serata del 6 gennaio, poi, le milizie dell’Esercito nazionale libico hanno preso possesso della cittadina di Sirte, a circa 400 chilometri dalla capitale, salvo essere poi riconquistata a notte inoltrata – stando a fonti di Mosca – dalle truppe di Fayez al Sarraj.

Screen da Liveuamap

Lev Dengov, capo del gruppo di contatto russo in Libia, ha dichiarato all’agenzia di stampa Interfax che «Sirte è di nuovo sotto il controllo delle forze di al-Sarraj». «Le forze di Tripoli hanno arrestato dozzine di prigionieri di guerra, sequestrato 20 mezzi e ucciso 50 persone tra i soldati dell’esercito di Haftar», ha specificato, sottolineando tuttavia che «le ostilità continuano ed è possibile un cambiamento repentino della situazione».

Nello stesso giorno della presa di Sirte da parte di Haftar, il primo gruppo di soldati di Erdgoan è sbarcato a Tripoli. La decisione sull’invio o meno di truppe era stata presa dal parlamento turco in anticipo sui tempi, proprio in vista della rapida degenerazione del conflitto.

I due Paesi, Libia (dove per Libia si intende il governo ancora formalmente riconosciuto dall’Onu di al Sarraj ndr) e Turchia, sono alleati formalmente dal 27 novembre, data della stipulazione di un doppio memorandum d’intesa, militare ed economica.

La cooperazione energetica

Da quanto si apprende, sul tavolo del vertice dovrebbe rimanere un altro tema di centrale importanza: la cooperazione energetica. La trattativa diplomatica sulla questione ha visto anche qui un’accelerazione nelle ultime settimane a causa, appunto, degli accordi economici stipulati tra Sarraj e Erdogan.

La creazione di una Zona economica esclusiva (ZEE) tra Libia e Turchia, in un tratto di Mediterraneo che interessa significativamente anche a Cipro, Grecia ed Egitto, ha spinto i tre Paesi a tornare rapidamente a parlare del gasdotto EastMed, conosciuto anche come “progetto Poseidon”.

Negli scorsi mesi, la Turchia aveva iniziato a trivellare nella zona di Cipro, rivendicando il suo controllo nella “zona turca” dell’Isola. La mossa aveva aumentato le tensioni nell’area, rese definitive con la firma degli accordi con la Libia, ritenuti «illegittimi» da Grecia ed Egitto a fronte della legge internazionale.

Lo scorso 2 gennaio, i capi dei governi di Cipro, Grecia e Israele (rispettivamente Nicos Anastasiades, Kyriakos Mitsotakis e Benjamin Netanyahu) hanno firmato ad Atene l’ultimo atto per dare il via alla costruzione dei 2mila chilometri di tubi.

Durante l’incontro del Cairo, si dovrebbero affrontare tematiche tecniche per delimitare la nuova ZEE, anticipando il forum in programma a metà gennaio.

Twitter | Anastasiades, Mitsotakis e Netanyahu ad Atene, dopo la firma dell’accordo EastMed

L’Italia inizialmente aveva preso tempo, data la complessità del dibattito sulla questione a seguito dell’ipotesi Tap, e aveva scelto di non unirsi al vertice ateniese di inizio gennaio. L’ultimo intervento formale italiano risale al 2017, quando l’allora ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda aveva firmato un primo memorandum d’intesa per la costruzione di Poseidon.

Ma mentre Egitto e Francia si sono fatti avanti (quest’ultima anche sul fronte anti-Sarraj), la posizione di Roma rimane ancora incerta. In ogni caso, gli interessi italiani nell’area non comprendono solo la costruzione dell’EastMed, ma anche il pozzo di proprietà dell’Eni presente in territorio egiziano.

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