L’ammissione di Di Maio: «In Libia siamo in ritardo, ma possiamo ancora recuperare»
Dopo la rinuncia da parte Fayez al-Sarraj della tappa romana a causa dell’arrivo nella Capitale del generale Khalifa Haftar, le opposizione, e non solo, hanno gridato allo scandalo, definendo l’impasse una «figuraccia internazionale». Luigi Di Maio è intervenuto sulla vicenda libica con una lettera pubblicata questa mattina su Repubblica. «Caro direttore, gli eventi degli ultimi giorni rischiano di cambiare irrimediabilmente il destino della regione mediorientale». Inizia così la missiva del capo della Farnesina.
Una lettera in cui Di Maio non risponde mai apertamente alle critiche su quella che è stata definita appunto come una «figuraccia internazionale». Ma non manca una frecciatina, più o meno velata, a Matteo Salvini con cui ha battibeccato sulla questione libica proprio pochi giorni fa e che ieri, dopo il vertice saltato, ha definito il membri del governo dei «Dilettanti allo sbaraglio». «Non è accettabile che in merito ai focolai di questi giorni, qualcuno tenti di polarizzare il dibattito pubblico intorno al dualismo emotivo della paura e, dunque, della violenza», dice il ministro degli Esteri.
«Non ci sono parti in causa per cui tifare. Sussistono bensì alleanze, come quella Atlantica, che contribuiscono a tracciare la strada da seguire. E sussiste la volontà di porsi come mediatori e facilitatori di un dialogo che, soprattutto in Libia, non deve e non può restare ancorato al palo. La Libia è per il nostro Paese un tema di sicurezza nazionale», continua Di Maio.
Il titolare degli Esteri, però, ammette che per quanto riguarda l’Italia: «C’è chi continua a dire che siamo arrivati con ritardo, che i tempi sono stretti, che ormai non c’è più nulla da fare. Posso condividere le prime due valutazioni, non la terza». «Sono convinto che l’Italia, dopo qualche silenzio di troppo, oggi abbia ancora molto da dire. Deve solo ritrovare fiducia in se stessa, abbandonare i colori delle proprie bandierine politiche e giocare da squadra», chiosa Di Maio.
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