Perché “Sorry we missed you” è un film da non perdere – No spoiler
«Figlio di operai, ha dedicato tutta la sua opera cinematografica alla descrizione delle condizioni di vita dei ceti meno abbienti», recita la pagina italiana di Wikipedia su Ken Loach per descrivere il regista del film Sorry we missed you, nelle sale cinematografiche italiane dal 2 gennaio.
Chi non ha mai visto un film di Loach dovrebbe prendersi del tempo e recuperare ciò che si è perso finora.
Il tempo è sicuramente uno dei soggetti di Sorry we missed you: poco tempo tra una consegna e l’altra, meno tempo per vivere (la famiglia, il riposo, il sonno) ma più tempo da destinare al lavoro. Ed è proprio il lavoro il vero protagonista del film.
Quelle «condizioni di lavoro che fanno comodo solo al datore di lavoro», usando le parole di Ken Loach.
L’impressione che si ha è quella di guardare un film documentario e non un film di finzione, e sta qui la devastante potenza di Sorry we missed you.
La narrazione dello sfruttamento dei lavoratori dipendenti, camuffato dal libero professionismo, mediante il gergo contrattuale col quale «apparentemente si ha un’occupazione indipendente, ma non si ha diritto alla malattia, alle ferie e se si ha un incidente sono problemi del lavoratore. Tutte le responsabilità sono spostate dal datore di lavoro al lavoratore che diventa schiavo. Schiavo dello scanner, la macchinetta che regola la sua giornata».
«Non c’è dignità in tutto questo, anche perché non c’è mai stata alcuna dignità nell’essere schiavi»
Ken Loach.
Sorry we missed you, in altre parole, è una coltellata di realismo in pieno petto ai consumatori consapevoli (e non) di tutto il mondo.
Sebbene il regista sia consapevole che «il cinema non cambierà le menti dei politici», l’augurio di Ken Loach è che il suo film «possa creare una cultura diversa e una diversa consapevolezza».
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