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Sondaggio Demos, il referendum sul taglio per i parlamentari può essere un plebiscito

13 Gennaio 2020 - 08:27 Redazione
La riduzione delle "poltrone" incontra i favori più elevati tra coloro che ritengono il Parlamento «sempre meno necessario» (95%). E invocano un «leader forte» (oltre 90%). Ma per Ilvo Diamanti «non c’è bisogno di un altro referendum per scoprirlo»

Secondo quando rilevato da Demos per il quotidiano Repubblica il referendum sul taglio dei parlamentari dovrebbe avere un risultato scontato: a favore del provvedimento sarebbero l’86% degli italiani. La riduzione delle poltrone, approvata in via definitiva dal Parlamento lo scorso ottobre, dovrà essere sottoposta alla consultazione popolare: sono infatti 71 le firme raccolte lo scorso 10 gennaio fra le file dei senatori per dare via libera al referendum, sette in più di quelle necessarie per depositare il quesito in Corte di Cassazione.

Nella sua analisi del sondaggio Ilvo Diamanti sottolinea come i risulti del sondaggio mostrino come «serve a dimostrare come il referendum, su questa materia, non sia necessario. Se non per altri scopi “politici”. Meno comprensibili, all’opinione pubblica. Che, al proposito, ha un’idea ben chiara». Insomma, per Diamanti è così largo il consenso al taglio che una consultazione referendaria appare inutile.

La posizione favorevole è «larghissimo. Senza distinzione di parte e di partito. Ma neppure di territorio, età, classe sociale. Infatti, quasi 9 elettori su 10 (per la precisione: l’86%) vedono con favore la riduzione dei parlamentari. Il consenso massimo si incontra nella base della Lega e dei Fratelli d’Italia, come previsto. Oltre che, ovviamente, del M5S, il partito che ne ha fatto una bandiera. Solo fra gli elettori del PD il sostegno risulta appena inferiore. Ma, appunto, “appena”. Cioè, il 79%».

Ancora per il sociologo «la riduzione dei parlamentari, infatti, tra i cittadini del nostro Paese, riflette un grado di sfiducia verso lo Stato e le istituzioni. Che in Italia appare più acuto e ha una storia lunga. Nella Prima Repubblica, questo ri-sentimento è stato “mediato” dai partiti di massa. In primo luogo, dalla DC. Mentre nella Seconda è stato interpretato da Silvio Berlusconi». Insomma, un consenso alla riduzione dei parlamentari plebiscitario, con ragioni che vengono da distante.

Inoltre, la riduzione dei parlamentari incontra i favori più elevati tra coloro che ritengono il Parlamento «sempre meno necessario» (95%). E invocano un «leader forte» (oltre 90%). Per Diamanti «non c’è bisogno di un altro referendum per scoprirlo». Anzi, un referendum di questo tipo potrebbe produrre «effetti imprevisti e inattesi». Non diversamente da ciò che accadde a Matteo Renzi con il referendum costituzionale del 2016. Un’arma a doppio taglio, quindi, per la tenuta dell’esecutivo.

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