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Le app di incontri Grindr, Tinder e OkCupid avrebbero condiviso illegalmente i dati dei loro utenti

15 Gennaio 2020 - 07:39 Redazione
Secondo l’organizzazione norvegese la condivisione di questi dati sensibili rivelerebbe implicitamente gli orientamenti sessuali degli utenti, oltre a violare le norme europee in termini di privacy

Alcune delle più diffuse app di incontri – tra cui Tinder, Grindr, OkCupid e Happn – avrebbero condiviso informazioni personali con società pubblicitarie, violando così le leggi europee sulla privacy.

A denunciarlo è il Norwegian Consumer Council, un ente governativo norvegese a difesa dei consumatori, che nel report “Out of Control” ha analizzato il comportamento di 10 applicazioni istallate su dispositivi Android, rilevando come le app in questione abbiano inviato i dati sensibili degli utenti ad almeno 135 diversi servizi di profilazione comportamentale con finalità pubblicitarie.

«Venti mesi dopo l’entrata in vigore del GDPR, i consumatori sono ancora ampiamente spiati online e non hanno modo di sapere quali enti trattano i loro dati, né sanno come fermarli», ha commentato il Consumer Council. Secondo l’organizzazione, inoltre, la condivisione di alcuni di questi dati rivelerebbe implicitamente gli orientamenti sessuali degli utenti. 

Le 10 app analizzate nel rapporto “Out of Control” del Norwegian Consumer Council

I dati sensibili ceduti da Grindr e da altre app per incontri

Tra le varie app analizzate vi è Grindr, che si propone come «la più grande app di social network per persone gay, bi, trans e queer al mondo», che però condivide gli indirizzi IP, le età, il sesso e i dati GPS dei propri utenti con società terze per ottimizzare la targetizzazione degli annunci pubblicitari.  

Tinder e OkCupid, due altre app per incontri, sono accusate di condividere i dati sensibili degli utenti con almeno 45 società che fanno a capo al Match Group, una multinazionale che gestisce a sua volta un omonimo sito di incontri. 

Match Group, dopo le accuse, ha dichiarato a Forbes: «La privacy è al centro della nostra attività. A differenza di altre società tecnologiche il cui modello si basa sulla vendita di informazioni personali, il nostro è basato su abbonamento e si basa sulla creazione di fiducia e su una grande esperienza per gli utenti».

«Tinder e OkCupid – si legge ancora nella comunicazione – utilizzano fornitori di terze parti per operazioni tecniche e per fornire i nostri servizi generali, in modo simile a tutte le altre app e piattaforme online. La nostra società condivide solo informazioni specifiche ritenute necessarie per il funzionamento della nostra piattaforma, in linea con le leggi applicabili, inclusi GDPR e CCPA».

Le altre app che avrebbero violato la privacy degli utenti 

Ma nel mirino del Norwegian Consumer Council sono finite anche altre tipologie di applicazioni come Qibla Finder, utilizzata dai musulmani per orientarsi correttamente verso la Mecca durante i momenti di preghiera, ma anche l’app della tastiera animata Wave, nonché l’applicazione per bambini My Talking Tom 2. 

Tra le altre app segnalate dall’associazione sono presenti Perfect365, un’app per ritoccare i selfie, nonché le applicazioni per monitorare il ciclo mestruale come Clue e MyDays. 

Nel frattempo, il Norwegian Consumer Council ha sporto denuncia contro alcune delle società prese in esame, tra cui Grindr w la piattaforma pubblicitaria per app di proprietà di Twitter (la MoPub, che funziona come mediatore pubblicitario di Grindr, ndr) e altre quattro società. Twitter è subito corso ai ripari dichiarando di aver disabilitato l’account MoPub di Grindr e annunciando di aver avviato un’indagine interna.

La sintesi del rapporto

Secondo il rapporto, in sintesi, «Nessuna delle app menzionate ha fornito le informazioni necessarie al consumatore per effettuare una scelta informata all’avvio delle app». 

«Inoltre – prosegue il Norwegian Consumer Council – abbiamo riscontrato una mancanza quasi completa di impostazioni in-app per regolare o impedire la condivisione di dati personali con terze parti. Ciò dimostra che spesso ai consumatori non vengono fornite informazioni sufficienti per scegliere se accettare di essere tracciati e profilati». 

«Se il consumatore non desidera che le proprie app trasmettano dati personali a terze parti commerciali, l’unica opzione è spesso non installare le app», conclude l’associazione.

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Foto di copertina: @ev / Unsplash

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