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Sardine, il Daspo e la polizia dei social network: «Una vera e propria repressione della libertà di espressione»

17 Gennaio 2020 - 17:31 David Puente
Tra i temi principali delle Sardine ci sarebbero il Daspo agli odiatori social e un organo di controllo. Abbiamo chiesto un'opinione al professor Stefano Zanero

Durante la conferenza stampa tenuta dal movimento Sardine di questa mattina, 17 gennaio 2020 a Bologna, Mattia Santori ha parlato di social network proponendo il «daspo» nei confronti degli odiatori. Leggendo il virgolettato presente nell’articolo del Corriere della Sera, in attesa di reperire il video dell’intervento, Santori ritiene che tra i temi caldi su cui ragionare subito ci sono il populismo digitale e la democrazia digitale. In tal senso, il leader del movimento ha parlato di «un organo di polizia che garantisca che c’è un livello di sostenibilità democratica all’interno dei social network».

Facebook e Twitter, giusto per citare i due social più noti, operano già nel contrasto agli odiatori attraverso la sospensione dei loro account. Come spesso succede, l’utente espulso dal social può sempre crearsi un altro account cercando di farla franca. In merito alle espulsioni, social come Twitter intervengono anche per la sospensione dei nuovi account della persona allontanata, basti pensare quante volte è intervenuto sul fumettista Marione.

La proposta di Santori e delle Sardine porterebbe a un controllo eccessivo della Rete in linea con la proposta da Luigi Marattin sulla carta di identità. Esistono già delle leggi e bisognerebbe, come ipotizzavamo in un precedente articolo di Open al fine di cominciare una battaglia contro gli appestatori del web, semplificare l’attuale procedura per ottenere il rilascio dei contenuti di un account social, anche a livello internazionale.

Come ricorda Stefano Zanero, professore associato del Politecnico di Milano ed esperto del mondo della cybersecurity, «la sospensione dei profili effettuata da Facebook segue le politiche dell’azienda, e non è certo paragonabile ad un intervento della magistratura o delle forze dell’ordine come il DASPO». L’idea di una polizia dei social network «si configurerebbe come una vera e propria azione di repressione censoria della libertà di espressione». Secondo Zanero «ciò che serve non sono fantasiose misure censorie da stato di polizia, ma piuttosto snellire le procedure per applicare le norme esistenti, ed un migliore finanziamento delle forze dell’ordine e dei loro reparti specializzati».

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