Caso Cucchi, carabinieri imputati non possono chiedere i danni. Eseguire gli ordini non basta per essere vittime
Dopo aver respinto l’istanza dei legali del Ministero della Difesa, che chiedevano di escludere dalla responsabilità civile il dicastero, il giudice monocratico ha detto no alla richiesta, avanzata da due carabinieri imputati nel processo sui depistaggi del caso Cucchi, di costituirsi parte civile nei confronti di due colleghi co-imputati e superiori in grado.
Secondo i legali dei carabinieri Francesco Di Sano e Massimiliano Colombo Labriola, i due militari avrebbero solo eseguito gli ordini impartiti dai loro superiori. Quali ordini? Secondo la ricostruzione della procura, i due militari avrebbero partecipato ad un passaggio decisivo.
Di Sano era il carabiniere che controllava la cella di sicurezza in cui Stefano Cucchi passò la notte dopo il fermo (e dopo il pestaggio) e accettò di modificare la nota di servizio in cui diceva che Cucchi si sentiva male. Colombo Labriola, che quella notte non c’era, prese le due note – falsa e vera – e le inviò ai superiori.
La presidente del collegio, Giulia Cavallo, nel leggere l’ordinanza di rigetto ha spiegato in aula che l’aver obbedito all’ordine di un superiore non è né una causa giustificativa del reato e né rende vittime di quanto accaduto.
Usigrai-Fnsi, stop a riprese «nuoce al processo»
Intanto Fnsi e Usigrai hanno chiesto un incontro al Presidente del Tribunale dopo che la giudice ha negato nuovamente le riprese dell’udienza, su richiesta degli imputati.
«In questo modo – spiegano Fnsi e Usigrai – si nega un pezzo importante di racconto ai cittadini che, invece, hanno il diritto di sapere tutta la verità sui depistaggi che hanno condizionato le indagini sull’assassinio di Stefano Cucchi. E di certo questo non può avvenire, come è stato fatto, dicendo che l’inevitabile sintesi giornalistica possa nuocere al sereno svolgimento del processo».
Esclusi dalla costituzione di parte civile, infine, anche l’associazione Antigone e il ministero dell’Interno.
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