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Nave Gregoretti, oggi il voto: davvero la Lega deciderà di mandare a processo il suo leader?

20 Gennaio 2020 - 06:02 Angela Gennaro
«Che mi processino pure» non è nuovo, come mantra. Ma l'ultimo lanciato dal leader della Lega ai suoi senatori suona come un ordine di scuderia: «Votate per farmi processare», dice l'ex ministro dell'Interno. Perché?

Il giorno tanto conteso sul caso della nave Gregoretti è arrivato. Nonostante il caos delle ultime settimane, oggi la giunta delle immunità del Senato voterà contro il rinvio a giudizio per Matteo Salvini, oppure per il voto dell’aula di Palazzo Madama. Aula che, in ogni caso, verrà convocata dopo il 26 gennaio, data delle elezioni Regionali in Emilia Romagna e Calabria.

Il segretario della Lega, accusato di sequestro di persona ai danni di 131 persone salvate nel Mediterraneo centrale, con l’aggravante dell’abuso di potere e dell’aver commesso il fatto a danno di minori, rischierebbe fino a 15 anni di carcere.

Per la seconda volta in poco tempo, il Tribunale dei ministri di Catania ha chiesto al Senato – ai sensi dell’articolo 68 della Costituzione – l’autorizzazione a procedere contro di lui, dopo che il procuratore Carmelo Zuccaro aveva avanzato una richiesta di archiviazione per l’ex ministro dell’Interno.

Davvero la Lega deciderà oggi di mandare a processo il suo leader, come chiesto dallo stesso Salvini?

Il voto

«Mi mandino a processo, così la decidiamo una volta per tutte»: Salvini svela le sue carte definitivamente alla vigilia del voto. «Che mi processino pure» non è nuovo, come mantra. Ma ieri l’appello diventa un ordine di scuderia ai cinque senatori leghisti in giunta. «Votate per farmi processare. Fatemi un favore», dice l’ex ministro dell’Interno. Perché?

Perché altrimenti i numeri racconterebbero non che Salvini è stato mandato a processo «per aver protetto i confini italiani» da una maggioranza da lui definita «illegittima e attaccata alla poltrona», ma che è stato salvato dai suoi. La strategia del centrosinistra è infatti quella di lasciare oggi da solo il centrodestra a votare sul destino del segretario del Carroccio.

I numeri

Il voto della Giunta è atteso per le 17 di oggi, 20 gennaio. Si comincia con le dichiarazioni di voto. Su proposta del capogruppo Pd in Senato, Andrea Marcucci, la maggioranza potrebbe disertare quella che ha definito «una convocazione illegittima, frutto di un colpo di mano gravissimo della presidente del Senato». Le polemiche sul ruolo della presidente del Senato Elisabetta Casellati – che con il suo voto ha di fatto cambiato le carte in tavola sulle tempistiche – non accennano a placarsi.

Un momento della riunione della Giunta delle immunità parlamentari del Senato per l’autorizzazione a procedere nei confronti dell’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini sul caso della nave Gregoretti, Roma, 13 gennaio 2020. ANSA/Angelo Carconi

Numeri alla mano, il Pd pesa ben poco, perché in giunta ha una sola componente, Anna Rossomando. Se insieme alla senatrice decidessero di non presentarsi in giunta (o di uscire prima del voto) anche i colleghi di Italia Viva – Giuseppe Cucca, Francesco Bonifazi e Nadia Ginetti – il centrodestra diventerebbe maggioranza.

L’incognita, al momento, è rappresentata dal Movimento 5 Stelle: resteranno fuori dall’aula di Sant’Ivo alla Sapienza anche i sei senatori grillini? L’idea è quella, anche se le ultime intemperanze e gli appelli salviniani li avrebbero mossi a ulteriore riflessione strategica e politica.

Per il numero legale, ai fini del voto, basta un terzo dei componenti della giunta, quindi 8 senatori: la Lega ne ha cinque, Forza Italia tre più il presidente, Maurizio Gasparri. Quindi, per il voto, i senatori del centrodestra sarebbero sufficienti.

Strategie

Di certo la maggioranza non intende favorire l’immagine di «martire» e «perseguitato» di cui il nemico leghista potrebbe beneficiare nel corso dell’ultima settimana di campagna elettorale.

Il presidente della Giunta delle elezioni e delle immunità, senatore Maurizio Gasparri, ha presentato nei giorni scorsi «la relazione nella quale propone il diniego dell’autorizzazione a procedere contro Matteo Salvini». Un documento in cui si spiega: «È evidente che l’allora ministro dell’Interno avesse agito col coinvolgimento attivo di tutto il governo, per difendere l’interesse nazionale».

E questa è anche la linea di difesa del diretto interessato: «Tutto il governo era coinvolto, allora con il caso Diciotti come ora per quello della Gregoretti», recita la difesa di Salvini depositata in giunta a inizio mese.

Dunque Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia, se lasciate sole, dovrebbero votare per logica contro, “salvando” Salvini dalla richiesta del tribunale di Catania di rinvio a giudizio per la nave Gregoretti della Marina Militare.

Perciò l’appello del leader ai suoi senatori. A dargli «una mano. Perché il processo nei suoi confronti resta un tema contro quei «conigli» della sinistra.

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«Elettoralmente, questo del processo Gregoretti, è un tema forte non per nostra decisione», si smarca il numero due della Lega, Giancarlo Giorgetti, intervistato da Lucia Annunziata.

Il leader del Carroccio «ha fatto bene a porre fine a questo tormentone, si vada a processo», ragiona Giorgetti. «Quando Conte verrà chiamato a testimoniare al processo, dirà che non vedeva i tg, che non leggeva i giornali, e non sapeva che faceva il suo ministro dell’Interno. Ma da lui ci aspettiamo di tutto».

Sulla Gregoretti ha preso posizione anche il portavoce del movimento delle Sardine dal raduno di Bologna: «Voterei tutta la vita per il processo a Salvini», ha detto Mattia Santori.

Di processi e di campagna elettorale

La sfida che Salvini lancia, per togliersi dall’impasse provocata dai numeri e dalle strategia in giunta, è quella dell’equazione per cui processare lui equivale a processare tutto «il Popolo italiano». «Dovranno trovare un tribunale molto grande – conclude – sarà un processo contro il Popolo italiano», affonda lui sui social.

«Siamo al ridicolo: Salvini chiede ai suoi di votare sì per fasi processare. È veramente un pagliaccio e noi siamo stati bravi a scoprire la sua messinscena. La narrazione, a pochi giorni dal voto in Emilia, doveva essere: ‘mi mandano a processo. E invece no’», scrive in un post su Fb il presidente dei senatori di Italia Viva Davide Faraone.

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«La nostra linea garantista nel merito e l’idea di lasciare soltanto il centrodestra a votare in giunta, garantendo per la seconda volta l’impunità al “capitano” e rinviando all’aula il nostro voto, ha smontato i suoi piani. Dunque, non potendo più dimostrare agli italiani di essere un capitano senza macchia, Salvini chiede ai suoi di votare per mandarlo a processo. Un vero giullare che pensa di essere circondato da fessi», affonda Faraone.

In copertina il leader della Lega Matteo Salvini al Museo della Marineria prima di un comizio elettorale a Cesenatico, 05 gennaio 2020. ANSA/Fabrizio Zani

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