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Cosa è successo alle sedi scout vandalizzate in Sicilia: il ruolo della criminalità organizzata – L’intervista

21 Gennaio 2020 - 09:43 Valerio Berra
Nessuna rivendicazione, ma i sospetti guardano tutti verso lo stesso punto. Il racconto di Barbara Battilana, presidente del Comitato nazionale Agesci

Mineo, Marsala e poi Ramacca. In pochi mesi sono già tre le sedi di gruppi scout in Sicilia che sono state attaccate. L’ultima è Ramacca. Qui, al ritorno delle vacanze di Natale, i ragazzi e i capi del gruppo scout hanno trovato la sede devastata: i serramenti rubati, la cisterna rotta e altri danni alla struttura.

Nessuna rivendicazione, ma i sospetti guardano tutti verso lo stesso punto. Questi episodi sono solo l’ultimo capitolo di una scia di atti vandalici che hanno coinvolto molte sedi del Sud, soprattutto quelle che si trovano in beni confiscati alla criminalità organizzata.

La presidente Agesci: «Nessun gruppo ha mai chiuso dopo le minacce, anzi»

Barbara Battilana è, insieme a Vincezo Piccolo, presidente del Comitato nazionale Agesci, l’Associazione guide e scout cattolici italiani che raccoglie la maggior parte degli scout della Penisola.

Cosa sta succedendo in Sicilia alle sedi scout?

«Da molti anni sono bersaglio di atti vandalici. Conosciamo bene quanto fastidio può dare l’educazione all’ambiente della criminalità organizzata. Educare i ragazzi a essere liberi è qualcosa che cozza contro l’idea di altri che vorrebbero i nostri stessi ragazzi non consapevoli, per poterli controllare meglio».

Questo succede solo in Sicilia o anche in altre regioni?

«Non succede solo in Sicilia, anche in Puglia e in Campania. È vero, a volte può trattarsi di semplice delinquenza. Ma in altri episodi è più chiaro il legame con la criminalità organizzata».

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Foto: Instagram | L’immagine creata dal vignettista Mauro Biani

Le sedi che hanno subito danni si trovavano in beni confiscati?

«Alcune sì. La sede del Ramacca 1, per esempio, si trovava proprio in uno di questi beni. Qui sono stati asportati i serramenti e divelti gli impianti, è stata rotta la cisterna. Tutti danni che comportano un investimento non indifferente».

Avete pensato a qualcosa per sostenere questi gruppi?

«Per aiutare chi ha visto distrutta la propria sede abbiamo formalizzato un fondo di raccolta, oltre ai finanziamenti ordinari che possono fare i gruppi in autonomia. Un progetto che sta riscuotendo successo anche al di fuori dell’associazione».

Parlate di sospetti, ma ci sono mai state rivendicazioni?

«Che sia noto a noi no. Mai fatte rivendicazioni particolari. Nella logica delle organizzazioni criminali, il procurare il danno è di per sé una firma. Il messaggio è chiaro: non pensate di fare quello che volete sui territori che controlliamo noi. Il bene dei ragazzi però supera qualsiasi rivendicazione e qualsiasi danno che noi subiamo».

C’è qualche gruppo che ha chiuso dopo questi attacchi?

«No, non abbiamo mai sentito né rilevato situazioni di chiusura. Anzi, la risposta è completamente opposta. Dopo questi atti i gruppi hanno preso consapevolezza dell’effetto che la loro azione ha avuto sul territorio. È da qui che hanno trovato la forza per andare avanti. Non troviamo mai capi disperati. Ovviamente sono dispiaciuti, ma mai così demotivati da perdere la voglia».

Foto di copertina: Ansa | Le celebrazioni per il centenario del movimento scout

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