I commissari dell’Ilva: «Con il ritiro di ArcelorMittal l’effetto sarebbe una perdita di 3,2 miliardi, lo 0,2% del Pil»
La battaglia legale tra lo Stato e ArcelorMittal continua. Dopo la tregua del 20 dicembre scorso in cui era stato sottoscritto un accordo tra il governo e i vertici di ArcelorMittal per «preservare i livelli di occupazione», il 20 gennaio è stata annunciata la notizia del fermo immediato dell’Acciaieria 1 di Taranto. Una scelta che porterà 250 lavoratori a essere collocati in cassa integrazione.
Intanto i legali di Ilva che hanno gestito l’amministrazione straordinaria hanno depositato la memoria difensiva nel procedimento civile pendente al Tribunale di Milano dopo lo spegnimento dell’Altoforno 2 e la volontà del colosso franco indiano di recedere il contratto.
Falsa, dicono i commissari, è anche l’affermazione di ArcelorMittal secondo cui “la mancata estensione temporale dello scudo penale” avrebbe reso “impossibile attuare il piano ambientale senza incorrere in responsabilità (anche penali) conseguenti a problemi ambientali ereditati dalla precedente gestione”. Si tratta di una “conclamata falsità”, si legge nella memoria.
Nella memoria si evidenziano le conseguenze economiche che porterebbero al «fallimento del progetto di preservazione e rilancio dei Rami d’azienda», e quindi «ad un impatto economico pari ad una riduzione del Pil di 3,5 miliardi di euro, pari allo 0,2% del Pil italiano e allo 0,7% del Pil del Mezzogiorno»
Sempre per i commissari, se il contratto venisse sciolto il danno sarebbe «incalcolabile e concretamente irreparabile» con «pregiudizi diffusi» a carico «dell’intero tessuto socioeconomico delle aree interessate». Senza contare che in amministrazione straordinaria attualmente l’ex Ilva non «ha né la struttura, né i mezzi per reagire all’inadempimento».
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