Migranti, Msf racconta le condizioni di salute dei braccianti nelle campagne della Basilicata
Vivere alla giornata. Un’espressione che a qualcuno potrebbe evocare sensazioni positive: zero stress, nessuna preoccupazione per il futuro. Ma per i migranti impiegati come braccianti nel Metapontino ha un altro significato: poter contare solo sulla sicurezza di una manciata di ore.
Vivono in casolari fatiscenti e baraccopoli, senza acqua potabile, in pessime condizioni igienico-sanitarie e con serie difficoltà di accesso alle cure. È quanto testimoniato dal rapporto di Medici Senza Frontiere dal titolo “Vite a giornata. Precarietà ed esclusione nelle campagne lucane”, presentato oggi 21 gennaio a Matera.
Tra luglio e novembre 2019, Msf ha svolto attività di supporto medico e sociale in prossimità degli insediamenti informali (veri e propri ghetti) nelle aree rurali della Basilicata.
Gli operatori hanno effettuato con le loro unità mobili quasi mille visite mediche (910 per la precisione): in 785 casi, le loro condizioni mediche sono legate in particolare alle difficili condizioni di lavoro e di vita, come «infiammazioni muscoloscheletriche o disturbi gastrointestinali e respiratori».
1 persona su 4 ha riportato disturbi riconducibili alla situazione insalubre nelle baraccopoli: problemi gastrointestinali e respiratori, dermatiti e reazioni allergiche. Sono stati inoltre registrati 51 casi di malattie croniche come diabete, ipertensione, malattie cardiovascolari, respiratorie e nefrologiche, per la maggior parte identificate per la prima volta durante le visite con Msf.
Più di 1 persone su 2, inoltre, ha avuto difficoltà ad accedere al sistema sanitario, soprattutto per barriere amministrative, sebbene oltre il 30% abbia detto di essere in Italia da più di 8 anni.
«Un paziente di 29 anni, con una grave impotenza funzionale ai polsi dovuta verosimilmente a calcificazioni ossee e aggravata dal lavoro nei campi, non ha potuto ricorrere a una visita specialistica perché la sua tessera sanitaria era scaduta e non poteva recarsi nella precedente località di residenza per rinnovarla», ha spiegato il dottor Gianluca Granà, medico di Msf.
«Nonostante fosse in possesso di un regolare permesso di soggiorno, un ostacolo di tipo prettamente burocratico ha impedito il pieno accesso alle cure per questo paziente».
Le testimonianze dei migranti
«La persona che ero una volta non esiste più. Dicono che siamo in Europa, ma mi sembra che qui si viva peggio che in molti posti in Africa. Questa è la periferia invisibile dell’Europa». Sono le parole di un migrante di 30 anni proveniente dal Niger, che ha preferito rimanere anonimo.
S., invece, ha 29 anni, viene dall’Eritrea ed è un rifugiato politico. All’équipe di Msf ha raccontato che a 12 anni, nel tentativo di fuggire all’arruolamento forzato nel suo Paese, è rimasto coinvolto in un violento incidente che gli ha compromesso l’uso di una gamba.
È arrivato in Italia quattro anni fa ed è stato inizialmente ospitato in un centro di accoglienza a Venezia. Qui è stato operato all’anca e gli è stata accertata una parziale invalidità dovuta all’incidente. Una volta uscito dall’ospedale non è più potuto rientrare nel centro di accoglienza e ha vissuto insieme a un amico, guadagnandosi da vivere lavorando come panettiere.
Nell’estate del 2019 ha perso il lavoro e si è ritrovato in difficoltà, senza alcuna possibilità di pagare l’affitto. Ha chiamato alcuni amici in Basilicata che gli hanno consigliato di raggiungerlo all’ex-Felandina; gli hanno detto che la situazione abitativa non era delle migliori, ma che c’era lavoro. Non aveva altra scelta, ha preso un treno e si è diretto a Metaponto.
Quando è arrivato all’ex-Felandina non poteva credere a quello che vedeva: «La situazione era orribile, le persone vivevano come gli animali, peggio degli animali. C’erano i rifiuti davanti alle case, non c’era il bagno, non c’erano le docce. Non era una situazione umana».
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Foto copertina credit: Maurizio Debanne/MSF